12/07/2017 di Redazione

La scalabilità di Intel Xeon fa rinascere il data center

I nuovi processori per server del colosso di Santa Clara segnano un importante passo avanti in questo mercato. La novità principale è l’architettura basata su una rete mesh, che permette di mantenere una bassa latenza con un numero di core sempre maggiore

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Cosa può inventarsi un’azienda che detiene il 99 per cento di quote di mercato nel segmento dei processori per server? La risposta di Intel a questa domanda è: Cpu scalabili, in grado di sostenere la “nuova generazione” di carichi di lavoro. Dall’intelligenza artificiale all’high performance computing, di praterie da esplorare ce ne sono ancora. Ecco quindi che il colosso di Santa Clara ha deciso di portare sul mercato quattro nuove famiglie di processori Xeon: Bronze, Silver, Gold e Platinum si differenziano ovviamente per parametri definibili classici, come il numero di core fisici e logici e le frequenze operative, ma hanno in comune diversi aspetti. E sono queste nuove specifiche, rivoluzionarie sotto certi punti di vista, ad aver spinto Intel a parlare del “più grande progresso nelle piattaforme per data center degli ultimi dieci anni”.

Partendo da tre concetti chiave, vale a dire prestazioni, gestione (memoria, I/O e networking) e networking, il produttore ha è riuscito a realizzare chip 1,6 volte più performanti della generazione precedente, con miglioramenti che si notano soprattutto nei carichi di lavoro più pesanti e che richiedono prestazioni elevatissime. A cambiare è l’architettura su cui sono stati concepiti i processori.

In precedenza, infatti, i core degli Xeon erano collegati fra loro (oltre che alle rispettive cache, ai controller e alle componenti I/O) da un doppio link circolare a bassa latenza. Un anello che fino ad oggi è riuscito a sostenere un numero di core in costante crescita. Ma una struttura di questo genere iniziava a mostrare i suoi limiti. Ecco quindi arrivare una nuova connessione a “rete mesh”, che apre le porte a un numero di core ancora maggiore.

Un cambio di passo che garantisce scalabilità e bassa latenza. Ma l’introduzione delle maglie non è ovviamente l’unica novità. Intel ha infatti rivisto tutta la parte della memoria cache, che ha visto praticamente quadruplicare quella di secondo livello (L2), passata da 256 KB a 1 MB e ridurre in parallelo quella L3: in questo modo aumenta la cache riservata direttamente ai core a discapito di quella di terzo livello. Quest’ultima è però non inclusiva e in questo modo si evita la duplicazione di dati non necessari.

Per quanto riguarda la memoria, invece, i nuovi Xeon implementano oggi un numero di canali superiore del 50 per cento rispetto alla generazione precedente e la capacità massima per socket è giunta a 1,5 TB. Nei sistemi a quattro socket è possibile quindi arrivare a 6 TB totali, ma la scalabilità dei chip è tale da supportare anche macchine a otto socket. Il numero di core massimo per soluzione è 28, salito dai 22 precedenti, mentre il clock arriva a 3,6 GHz.

 

 

Altri due miglioramenti di rilievo riguardano l’adozione per la prima volta delle estensioni Avx-512: in questo modo i chip potenzieranno le prestazioni di inferenza per i carichi di lavoro dell’apprendimento automatico, riuscendo a gestire ancora meglio l’efficienza energetica, dando la possibilità ai server di operare a frequenze minori senza però perdere nulla in termini prestazionali.

Sembra quindi che la strada per i prossimi mesi in ambito data center sia stata tracciata, anche in ottica di semplificazione dell’offerta. Invece di due famiglie Xeon, vale a dire la E7 di fascia enterprise e la E5, quella mainstream, i clienti potranno scegliere fra quattro chip della stessa serie e tutti basati sulla piattaforma Purley, con identico socket P (mentre in precedenza i socket erano diversi). In questo modo le macchine potranno accogliere anche l’aggiornamento hardware delle Cpu di prossima generazione, vale a dire la famiglia oggi nota come Cascade Lake.

Una maggiore libertà data, ma questo è un discorso ancora tutto da elaborare per Intel, anche dall’acquisizione di Altera conclusa nel 2015. La possibilità di gestire i processori via software diventa fondamentale perché, con il lancio degli Xeon scalabili, l’azienda ha trasformato i chip in componenti dinamiche del data center, in grado di adattarsi anche al tipo di carico di lavoro.

La possibilità di intervenire più in profondità, con core personalizzabili e con l’integrazione della memoria nella Cpu, segnerà i prossimi sviluppi della piattaforma hardware di Intel. In un mercato certamente dominato dal gruppo di Santa Clara, ma che di recente ha visto ringalluzzirsi certi player da non sottovalutare, come Amd. Meglio quindi mettere le mani avanti.

 

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