06/10/2016 di Redazione

Samsung sfida Apple corteggiando i “papà” di Siri

L’azienda ha rilevato Viv Labs, startup fondata dai creatori dell’assistente virtuale di Apple. I termini finanziari dell’accordo non sono stati rilevati e la piccola realtà manterrà uno status di sussidiaria indipendente. Nel frattempo continuano i probl

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La battaglia sull’intelligenza artificiale si combatte soprattutto a colpi di dollari. A breve distanza dagli annunci di Google sulla nuova linea di smartphone Pixel, completamente basati su un assistente virtuale onnipresente, è Samsung a fare notizia. Il colosso sudcoreano ha confermato l’acquisizione di Viv Labs, startup fondata nientemeno che dai creatori di Siri, il “maggiordomo” digitale di Apple. Samsung ha così deciso di portarsi in casa una “piattaforma in grado di dare agli sviluppatori indipendenti la possibilità di animare e utilizzare assistenti per conversare e di integrare un’interfaccia basata sul linguaggio naturale dentro altri servizi e applicazioni”. Come sempre accade in questi casi, il deal è ora soggetto all’approvazione degli enti regolatori. Inoltre, i termini finanziari dell’accordo non sono stati resi noti e Viv rimarrà una sussidiaria indipendente.

Dag Kittlaus, Adam Cheyer e Chris Brigham, i tre fondatori della startup, possono quindi festeggiare per la seconda volta in pochi anni. La vendita della tecnologia alla base di Siri ad Apple risale al 2010, la nascita di Viv al 2012. In soli sei anni sono riusciti a portare a termine due accordi di tutto rispetto. Una volta che la transazione si concluderà, Kittlaus, Cheyer e Brigham collaboreranno anche fianco a fianco con la divisione Mobile Communications di Samsung pur, come detto, mantenendo uno status formalmente indipendente.

La mossa del chaebol rappresenta anche uno “schiaffo” metaforico ad Apple e pone l’azienda asiatica nelle migliori condizioni per progredire nel campo dell’intelligenza artificiale, descritta un paio di giorni fa da Sundar Pichai, Ceo di Google, come la prossima rivoluzione dell’informatica. Injong Rhee, Cto del business Mobile Communications del gruppo sudcoreano, ha sottolineato come “Viv sia il candidato ideale per integrarsi con i dispositivi domestici di Samsung, negli indossabili e in molto altro”, favorendo l’interazione con gli oggetti utilizzando semplicemente la voce.

 

 

Mashable descrive la piattaforma e l’interfaccia realizzata da Viv come uno strumento molto potente. La soluzione di intelligenza artificiale riesce a gestire in tempo reale richieste complesse e, al suo cuore, si trova un algoritmo dinamico in grado di scrivere nuovo codice in pochi secondi. In questo modo Viv può imparare e quindi crescere con una rapidità sorprendente. Col passare del tempo la piattaforma riesce così a portare a termine task sempre più difficili.

L’indipendenza richiesta e formalmente ottenuta da Viv nel processo di sviluppo della soluzione servirà, secondo le parole di Kittlaus, per andare “oltre tutti i dispositivi Samsung. Per la nostra vision Viv dovrà essere ovunque”. Non solo nei circa 500 milioni di device che ogni anno l’azienda asiatica consegna. Una prospettiva interessante, che si dovrà però vedere come si concretizzerà nei prossimi mesi.

 

I Note 7 prendono ancora fuoco

Sistemata per il momento la questione intelligenza artificiale, Samsung non può però dormire sonni tranquilli in merito ai Note 7. La campagna globale di richiamo dei phablet “incendiari” è partita in dieci Paesi a settembre e coinvolge, almeno per ora, circa 2,5 milioni di terminali. Ma dagli Stati Uniti nella notte non sono arrivate buone notizie. Un Note 7 sostituito e in teoria sicuro avrebbe iniziato a emettere del fumo grigio-verde a bordo di un aereo della Southwest Airlines in fase di decollo dall’aeroporto di Baltimora. Il velivolo è stato immediatamente evacuato e non si sono registrati danni a persone o cose.

Il proprietario del dispositivo, Brian Green, ha dichiarato che il phablet era stato correttamente sostituito in un negozio della At&T lo scorso 21 settembre e che la scatola del Note 7 riportava il quadratino nero, simbolo scelto da Samsung per indicare i device sicuri. Inoltre, il phablet aveva raffigurato una batteria verde. Ulteriore evidenza di sicurezza. Almeno in teoria. Un collega di Green, tornato sull’aereo, ha poi dichiarato che il Note 7, lasciato sul pavimento del velivolo, aveva addirittura bucato la moquette.

Interpellata da Reuters, Samsung ha dichiarato: “Fino a quando non saremo in grado di recuperare il device, non potremo confermare che l’incidente coinvolga effettivamente il Note 7”. La U.S. Consumer Product Safety Commission (Cpsc) è al momento in contatto con la Federal Aviation Administration (Faa), il produttore e Green per raccogliere ulteriori testimonianze. Lo stesso ente che regola l’aviazione statunitense ha però confermato che a emettere fumo è stato proprio il dispositivo di Samsung.

 

Credist: The Verge. Il Note 7 andato in fiamme sull'aereo della Southwest Airlines

 

A fine settembre un altro caso di esplosione di un device “sicuro” si era verificato in Cina. In quell’occasione il proprietario del phablet, il 25enne Hui Renjie, era rimasto ferito alle dita della mano. Secondo Reuters, però, dopo alcune indagini interne la batteria in questione non era danneggiata. Rimane il dubbio di cosa possa aver innescato l’esplosione, avvenuta mentre il Note 7 era in fase di ricarica, che avrebbe coinvolto anche il portatile di Renjie.

La saga dei phablet incendiari non sembra quindi avere fine e, in caso si dovessero raccogliere ulteriori testimonianze circa una campagna di richiamo non condotta con tutti i crismi, Samsung riceverebbe un danno di immagine potenzialmente irrecuperabile. L’azienda dovrebbe pubblicare domani, in occasione delle stime preliminari sul fatturato trimestrale, le prime indicazioni sui costi effettivi dell’operazione di sostituzione.

 

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