17/01/2017 di Redazione

La stampa 3D prende vita grazie alla tecnica del Mit

I ricercatori dell’ateneo statunitense hanno ottenuto materiali capaci di animarsi e di cambiare forma una volta terminata la fase di stampa a tre dimensioni. Il processo di “polimerizzazione vivente” è attivato dai raggi ultravioletti e permette anche di

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Avete stampato un oggetto in 3D, ma la sua forma vi ha stufato? In futuro, forse, sarà possibile modificarla senza dover produrre tutto da zero. I ricercatori del Mit sono riusciti a ottenere un materiale capace di cambiare il proprio volume, e potenzialmente anche la forma, una volta esposto a particolari condizioni ambientali. “Le tecnologie di stampa a tre dimensioni rendono possibile produrre oggetti depositando strati di polimeri uno sopra l’altro, seguendo un percorso determinato”, ha scritto in una nota stampa il prestigioso ateneo statunitense. “Una volta che questi oggetti sono completati, i polimeri che formano il materiale sono ‘morti’, vale a dire che non possono essere allungati per ottenere nuove catene”. Cosa si sono inventati quindi i ricercatori del Mit?

La metodologia, nota come “polimerizzazione vivente”, permette in sintesi di creare composti la cui crescita può essere interrotta e poi ripresa in un secondo momento. Il gruppo di lavoro guidato da Jeremiah Johnson, professore associato di Chimica al Mit, ha inizialmente provato a stampare l’oggetto in una soluzione particolare, “bombardata” con raggi Uv per ottenere radicali liberi in grado di legarsi ai monomeri presenti nel liquido.

Ma le reazioni scatenate dalla luce si sono rivelate poi troppo forti: gli oggetti venivano infatti danneggiati a causa dei radicali liberi difficilmente controllabili. Nel secondo tentativo, quello definitivo, gli scienziati hanno progettato nuovi polimeri, sempre attivabili dai raggi ultravioletti, ma in un modo differente.

“Ogni polimero contiene gruppi chimici che funzionano come una fisarmonica”, ha spiegato con una similitudine il Mit. Conosciuti come Ttc, questi elementi si accendono grazie a catalizzatori organici guidati dalla luce. Quando la componente blu “di un Led illumina il catalizzatore, vi attacca nuovi monomeri, facendoli così allungare. I monomeri distribuiti in modo uniforme su tutta la struttura, conferendo così al materiale nuove proprietà”.

Gli oggetti, oltre a cambiare le proprie caratteristiche meccaniche (come la durezza), possono anche modificare le proprie condizioni di permeabilità, diventando idrorepellenti. A seconda del tipo di monomero utilizzato, i materiali sono in grado di gonfiarsi e contrarsi al variare della temperatura. Secondo i ricercatori è addirittura possibile fondere due strutture, semplicemente illuminando le parti da unire.

 

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