01/12/2011 di Redazione

IBM e la sfida da vincere nel software, fra analytics e social

Paolo Degl’Innocenti, Vice President Software Group di Big Blue per l’Italia, ha fatto il punto sulle strategie dell’offerta di soluzioni e applicazioni. Gli asset di partenza sono gli investimenti e le acquisizioni effettuate nell’ultimo decennio e quell

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Il software è al centro del programma di cambiamento di Big Blue. Frase fatta ma che assume contorni importanti per il futuro prossimo del gigante di Armonk in considerazione dei “numeri” che stanno alla base del cambio di pelle voluto dai vertici della compagnia a partire dall’inizio degli anni 2000. Nello spiegare dove stanno i capisaldi di un’offerta alquanto ampia per tipologia di soluzioni a catalogo disponibili, Paolo Degl’Innocenti, Vice President Software Group di IBM Italia, è partito da lontano. Sciorinando una serie di cifre.

Paolo Degl’Innocenti, Vice President Software Group di IBM Italia


Nel 2001 il software incideva nella misura il 25% sugli utili complessivi di Big Blue e nel 2010 questa percentuale è arrivata al 40%. E produceva circa 10 miliardi di ricavi sugli 85 complessivi. Nel 2010, questo il parametro cui fare riferimento, il giro d’affari di applicazioni e soluzioni è arrivato a 22 miliardi sui 99 complessivi iscritti a bilancio. Nel 2015, secondo la road map dettata nei mesi scorsi dal Ceo Sam Palmisano (che nel 2012 lascerà il posto a Virginia M. Rometty, prima donna a sedersi sulla poltrona più importante della società americana), arriverà a incidere per il 50%. A valore, il contributo del software è raddoppiato nell’ultimo decennio e dovrebbe ulteriormente raddoppiare nei prossimi quattro anni. Numeri importanti, non c’è dubbio.

Persone, centri di sviluppo, acquisizioni, per cui IBM metterà sul piatto complessivi 38 miliardi di dollari nel periodo 2010-2015, di cui oltre 20 nei prossimi anni quattro anni. Questi, in buona sostanza, i tre asset su cui la compagnia vuole edificare il proprio ruolo nello scenario IT a venire. Dei 30 miliardi di dollari investiti in R&D negli ultimi cinque anni, una buona parte è stata destinata al software. Si parla di complessivi 65 miliardi di dollari spesi internamente in 15 anni. E altrettanto succederà con le spese previste dal 2011 al 2015.

Oltre 35mila sviluppatori software e una settantina di acquisizioni (di cui una quindicina nel 2010) finalizzate per portare a casa asset nel campo delle soluzioni di data warehouse, sicurezza (per cui è in rampa di lancio, da gennaio 2012, un nuovo marchio, Ibm Security Systems), gestione degli end point, analytics e risk management. Questo l’ulteriore griffe sul biglietto da visita che esibisce oggi IBM al cospetto delle solite grandi rivali.

“Il mercato – questa la riflessione di Degl’Innocenti - non vive un momento brillante ma nel terzo trimestre il business del software per IBM è cresciuto del 17% ed era cresciuto del 13% nel secondo, per una media del 12% nei primi nove mesi. Siamo realisti, anche per le aspettative di domanda del mercato interno, ma i numeri e gli asset ci portano a essere ottimisti per il prossimo futuro”. E qui scatta il proclama: “nel software, in Italia, Ibm crescerà a una velocità superiore rispetto a quella del mercato”.

Gli scenari tecnologici 2012 e i focus di Ibm
Nel presentare gli obiettivi per i prossimi dodici mesi, il Vp di IBM è partito ancora una volta da alcuni dati, e nella fattispecie dallo scenario dipinto da Gartner nel definire i 10 trend strategici previsti per il 2012. Fra questi Degl’Innocenti ha evidenziato in modo particolare mobility, mobile centric application, big data, analitycs e social business. Un altro dato utile per inquadrare meglio la nuova offerta software di Big Blue arriva invece da uno studio internazionale che ha coinvolto circa 4mila aziende, studio secondo cui, entro il 2014, i Chief information officer perderanno il controllo del 25% della spesa It ed entro il 2017 i Cmo (Chief marketing officer) avranno un potere di spesa per le tecnologie superiore rispetto ai Cio.

Degl’Innocenti ha quindi chiuso il cerchio con una ricerca (IBM) proprio sui Cmo, che entrando nel merito della questione dell’esplosione dei dati in relazione alle attività social delle aziende evidenzia come sia nato e come sarà quanto mai sensibile agli occhi del top management il problema di gestirli e utilizzarli. Mettiamoci poi il proliferare di tablet e device mobili, in una parola la consumerizzazione, ed ecco descritto il campo d’azione per Big Blue: per la maggior parte dei Cmo la chiave del successo della loro funzione sarà legata al rendimento degli investimenti di marketing ma al momento solo una parte di loro (il 44%) sa come raggiungere questi obiettivi. E quindi servono software ad hoc per uscire da questa empasse.

“Nelle aziende, anche italiane e di medie dimensioni, si registra una grande progettualità verso il tema della Web esperience e più nello specifico verso soluzioni di management evolute. L’approccio all’informatica – si è detto convinto Degl’Innocenti - è sicuramente cambiato, ma questo non significa che i nostri prodotti core vengono messi in un angolo. C’è però da riflettere attentamente sul fatto che la Web economy, e cioè tutto l’insieme delle attività che ruotano intorno alla Rete, rappresenta il 2% del Pil italiano (stando allo studio del Bboston Consulting Group il giro d’affari di Internet ha raggiunto nel 2010 un valore di 31,6 miliardi di euro, ndr) e quindi costituisce un business che vale circa il doppio del mercato It”.

IBM si focalizzerà, in relazione allo scenario sopra descritto, su alcune specifiche aree chiave, che secondo il manager toscano dovranno crescere del 50% in Italia nel corso del 2012 ed andare a pesare per circa un terzo sul fatturato totale della divisione software. Le aree sono le seguenti: business analytics (segmento che secondo Idc crescerà del 7% l’anno per i prossimi cinque anni), mondo social e collaboration (con l’intento di integrare in modo strutturato gli strumenti di relazione 2.0 nei processi di business interni ed esterni) e smarter commerce (industrializzare, e quindi incorporandoli nel sistema informativo e nei processi dell’azienda, le attività di vendita e marketing online attraverso specifiche soluzioni software intelligenti). Con realtà, lato aziende clienti, che si chiamano per esempio Moby o Mediamarket (la società che possiede i marchi MediaWorld e Saturn).


“Sulle analytics – questa la puntualizzazione di Degl’Innocenti - andiamo ben oltre l’idea di un pacchetto software per fare reportistica e score card. Si va oltre la classica business intelligence, si parla di information ed enterprise content e market management, di performance e predictive management, di gestione del rischio e della conformità”. Partendo, naturalmente, dalle infrastrutture software che Ibm può mettere in campo a livello di datawarehouse o di database (Db2) o di ambienti di sviluppo (WebSphere). E gli spesso “dimenticati” prodotti Lotus, i più sensibili all’utilizzo nella nuvola? “Una suite di collaboration in cloud computing l’abbiamo a catalogo da mesi e si chiama Lotus Live, per cui sono stati fatti cospicui investimenti al fine di renderlo un prodotto adatto all’utenza enterprise sotto il profilo della sicurezza e aprirlo all’interoperabilità con le altre piattaforma di comunicazione. Può essere installato in modalità on premise oppure essere utilizzato in cloud”.

Sulla carta, almeno, IBM non sembra voler rinunciare a nulla e questo perché anche la media azienda non può essere considerata fuori gioco. “Non è un problema solo dimensionale – ha chiuso in tal senso Degl’Innocenti - ma soprattutto di modelli di business, di processi e di prospettive di crescita”. Che dentro le organizzazioni medio grandi faranno capo tanto ai Cio quanto ai Cmo.

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