13/05/2011 di Redazione

Pmi e innovazione: matrimonio impossibile?

Secondo un’indagine di Confindustria il 90% di piccole aziende innova per migliorare la performance ma solo il 14,3% ricorre alla Rete per vendere. Dall’Osservatorio del Politecnico di Milano suil cloud arriva un altro allarme: il livello di diffusione de

immagine.jpg

Innovare per migliorare i risultati aziendali. Innovare come strumento per crescere e rimanere competitivi. Innovare a livello di processo, di prodotti e di organizzazione interna. Le Pmi italiane, stando a quanto ha detto un recente sondaggio (coordinato dal Csc e condotto da DemosΠ) su 500 piccole e medie realtà manifatturiere associate a Confindustria, puntano decisamente sull’innovazione, considerandola come una sorta di passaggio strategico obbligato. O almeno si dichiarano convinte di questo il 90% di esse.

Poi però, dallo stesso studio, si evince che le Pmi del Belpaese brevettano ancora poco (la pratica riguarda il 31,6% del campione) e non registrano marchi in modo sistemico (37,7%) e che, soprattutto, sono ancora molto indietro nell’utilizzo di Internet: solo il 14,3% ricorre alla Rete per vendere (e la quota generata dalle vendite costituisce il 12,5% del fatturato).

Interessante anche un altro dato che caratterizza le Pmi di Confindustria, e riguarda la diffusa consapevolezza dell’importanza della crescita dimensionale. Solo il 13,4% del campione oggetto di indagine si è detta convinta di stare bene così com’è mentre due terzi associa il fatto di poter essere più grandi per potere avere maggiori risorse da dedicare alla ricerca e all’innovazione. Ma la domanda sorge spontanea: ha senso parlare di innovazione se ancora nel 2011 solo una minoranza delle piccole e medie imprese ha trovato nel Web una canale di sbocco per generare fatturato?

Altra testimonianza che raffredda di fatto l’entusiasmo per un matrimonio – quello fra Pmi e nuove tecnologie – auspicato e predetto da tanti (troppi) anni interessa uno dei fenomeni IT del momento, e cioè il cloud computing. Lo studio più recente è, in questo caso, quello dalla School of Management del Politecnico di Milano: ebbene le Pmi risultano essere interessante ancora solo in maniera trascurabile alle opportunità offerte dalla migrazione (di applicazioni, dati e infrastrutture) nella nuvola e non sembrano pronte a coglierne i vantaggi. Al contrario di quanto pensano il 66% dei Cio delle grandi aziende, che considera il cloud un trend rilevante per l’informatica aziendale.

Tanto per essere più chiari, il livello di diffusione del Saas (Software as a service) è ancora nell’ordine del 2-3% per le applicazioni più diffuse e riguarda principalmente le soluzioni di Crm, i sistemi di videoconferenza e pacchetti applicativi semplici a supporto di attività amministrative, e contabili e di gestione del personale. Un po’ più diffuso (siamo al 6%) l’utilizzo nel cloud di fornitori esterni di servizi di storage, sicurezza e backup dei dati il cosiddetto Iaas, Infrastructure as a Service). Il che significa, in termini concreti, che posta elettronica a parte (tantissime le Pmi che utilizzano programmi Web based gratuiti), l’utilizzo di servizi cloud è ancora agli albori.

Sicuramente molte stanno guardando con estrema attenzione ai vantaggi di una suite di produttività da utilizzare in modalità remota (si pensi a quanto offrono Google Apps for Business e Microsoft Office 365) ma la maggior parte delle milioni di piccole e medie aziende italiane ha forse un’idea ancora confusa di cosa significa poter innovare (processi e modelli di business in primis) sfruttando le nuove tecnologie.



ARTICOLI CORRELATI