09/11/2017 di Redazione

Bitcoin non si divide, la community rifiuta SegWit2x

La controversa proposta di aggiornamento del protocollo, che avrebbe raddoppiato la dimensione di ogni blocco della catena, è stata sospesa a data da destinarsi. Il consenso raccolto inizialmente dal progetto è andato scemando, anche perché con una sua ad

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Il “nuovo” Bitcoin non nascerà. Almeno per il momento. Mike Belshe, Wences Casares, Jihan Wu, Jeff Garzik, Peter Smith ed Erik Voorhees, alcuni fra i principali sostenitori dell’hard fork della criptovaluta più famosa al mondo, hanno annunciato di non essere riusciti a ottenere il consenso sufficiente per adottare nella blockchain SegWit2x, aggiornamento al protocollo previsto per il prossimo 16 novembre, al raggiungimento del blocco 494.784. Il progetto è stato quindi sospeso fino a data da destinarsi. I fan del Bitcoin “originale” hanno tirato un sospiro di sollievo e il valore della criptovaluta è schizzato verso nuovi massimi storici, toccando quota 7.800 dollari per poi assestarsi nuovamente sui 7.200 dollari. Per chi non lo sapesse, SegWit significa Segregated Witnesses ed è una proposta che iniziò a circolare nella community sin dal 2015, con l’obiettivo di risolvere i problemi di “spazio” della blockchain.

Una “divergenza morbida” (soft fork) dalla catena principale, quindi temporanea e reversibile, in cui le transazioni contenute nei blocchi si affidano a una firma separata per la loro validazione, allo scopo di liberare spazio nella blockchain principale. In sintesi, SegWit è un’ottimizzazione del protocollo originale Bitcoin Core che si propone di separare il registro (ledger) dall’attività di mining.

Creando un’entità parallela e distinta, destinata a ospitare esclusivamente le firme, si potrebbe approfittare di uno spazio maggiore nella catena, che a sua volta potrebbe quindi elaborare un numero più alto di transazioni nello stesso lasso di tempo. SegWit è stato accettato da miner e servizi di exchange la scorsa estate e, da allora, tutti i nodi che non si sono adeguati all’aggiornamento sono stati via via esclusi dal network.

Ma come mai negli ultimi giorni si è parlato spesso di SegWit2x? Non tanto perché si tratta di un hard fork (Bitcoin è già andato incontro a divergenze negli anni, che hanno portato alla nascita di nuove criptovalute), ma più che altro perché SegWit2x è stato considerato da alcuni osservatori come un gigantesco attacco a Bitcoin Core, il primo e più diffuso client Bitcoin del mondo.

A differenza di altre proposte di aumento dei blocchi (SegWit2x prevede il raddoppio delle dimensioni, che passerebbero da 1 MB a 2 MB), in questo caso l’iniziativa non è arrivata dalla community open source che sostiene il progetto, ma da un accordo noto come New York Agreement (Nya), che ha visto partecipare alcuni fra i principali player del mercato: miner, portafogli, processori di pagamento per 58 aziende di 22 Paesi, pari all’83,28 per cento della potenza complessiva di hashing della rete.

 

 

Una percentuale decisamente ben maggiore del 51 per cento dei “voti” necessari (valutati come potenza di calcolo) per legittimare l’adozione qualsiasi novità sul network. Da qui l’idea che dietro un progetto teoricamente legittimo come SegWit2x si nascondesse ben altro. Con il passare dei mesi, l’appoggio al fork è andato scemato e, a pochi giorni dall’aggiornamento (previsto come detto per il 16 novembre), i sostenitori dell’iniziativa sono stati costretti ad alzare bandiera bianca.

“Purtroppo è chiaro che non disponiamo più del consenso sufficiente per portare a termine l’aumento dei blocchi”, ha scritto Mike Belsh, Ceo del portafoglio Bitgo. “Il nostro obiettivo è sempre stato quello di arrivare a un upgrade sereno del Bitcoin, Sebbene rimaniamo convinti dell’importanza di blocchi più grandi, c’è qualcosa che riteniamo essere ancora più importante: tenere unita la comunità. Continuare su questa strada l’avrebbe divisa e sarebbe stata una battuta d’arresto per Bitcoin”.

 

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