18/06/2015 di Redazione

Cina: per Cisco, una scommessa da 10 miliardi di dollari

Tanto investirà, nel corso dei prossimi anni, l’azienda statunitense con l’obiettivo di espandere il proprio giro d’affari nel Paese del Dragone. Anche attraverso accordi con enti di emanazione statale e con un centinaio di università.

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Non soltanto vendere, ma anche sviluppare nuove tecnologie e creare posti di lavoro altamente specializzati. L’impegno di Cisco in Cina è riassunto da una cifra imponente, 10 miliardi di dollari, che l’azienda californiana investirà nel Paese del Dragone nel corso dei prossimi anni. Una scommessa che non ha natura puramente commerciale, ovvero mirata a sfruttare la Cina come mercato di sbocco, ma che vuole anche coltivare l’innovazione e promuovere formazione e lavoro.

Parte dell’investimento sarà infatti destinato a progetti della National Development and Reform Commission cinese e dell’associazione delle università  scientifiche (Association of Universities of Applied Sciences), circa un centinaio di atenei. Tali progetti si focalizzeranno sulla ricerca&sviluppo, sulla creazione di posti di lavoro e sull’acquisto di quote di società cinesi.

L’annuncio è arrivato in coda alla visita cinese di Chuck Robbins, il nuovo amministratore delegato di Cisco che dal 26 luglio prenderà ufficialmente il posto di John Chambers. “Cisco è fortemente impegnata con i suoi partner cinesi”, ha dichiarato Robbins, spiegando che con le annunciate iniziative l’azienda “investirà nella prossima generazione di innovazioni tecnologiche” e mirerà a un “successo congiunto” dell’azienda californiana e della repubblica popolare.

 

Chuck Robbins, nuovo amministratore delegato di Cisco

 

Sebbene la Cina rappresenti ancora terreno fertile per molti colossi tecnologici stranieri, se non altro per le sue dimensioni, il ritmo di crescita non è più quello degli anni recenti. Nel trimestre terminante al 25 aprile il fatturato di Cisco realizzato in terra cinese è sceso del 20% nel confronto con l’anno precedente, e lo stesso Robbins si è reso protagonista di alcune mosse scomode. I nomi ancora non sono noti, ma diverse fonti hanno svelato la rimozione di alcuni dirigenti cinesi da cariche di alto livello all’interno di Cisco.

Dinamiche forse più politiche che non di puro mercato, perché la Cina rimane comunque un tassello strategico nel mosaico di tanti player statunitensi. Qualcomm, per esempio, nell’estate del 2014 ha annunciato di voler investire 150 milioni di dollari per l’avviso di startup nel Paese asiatico, mentre Intel lo scorso settembre ha acquisito al costo di 1,5 miliardi di dollari il 20% di Tsinghua Unigroup ovvero il terzo produttore di chip cinese, di proprietà semi-statale.
 

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