01/07/2015 di Redazione

E-book indigesti, Apple multata per 450 milioni di dollari

La corte d’appello di Manhattan ha confermato le decisioni prese in primo grado: la Mela ha creato un cartello con gli editori contro Amazon, che ha poi causato un aumento indiscriminato dei prezzi dei libri elettronici. La casa di Cupertino può ora chied

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Nel giorno del lancio ufficiale del servizio Apple Music, integrato nella nuova release di iOs 8.4, la Mela deve fare i conti con una cattiva notizia. La corte d’appello di Manhattan ha condannato la casa di Cupertino a pagare una multa da 450 milioni di dollari per avere innalzato in modo illecito i prezzi degli e-book, d’accordo con alcuni editori, creando così un vero e proprio cartello. Editori, tra cui Hachette e HarperCollins, che si erano già chiamati fuori dal processo pagando fior di milioni come risarcimento: una strategia differente da quella di Apple, che ha deciso di affrontare i diversi gradi di giudizio dichiarandosi sempre innocente. Ma, a quanto pare, i giudici la pensavano in modo diverso. Una buona parte della multa verrà utilizzata per rimborsare i consumatori truffati, che sono stati costretti ad acquistare e-book a un prezzo fuori mercato. Secondo la corte, l’obiettivo della Mela era costringere Amazon, leader di mercato nel settore dei libri elettronici, a ripensare le proprie politiche di vendita.

Nel 2010, infatti, il colosso dell’e-commerce era il padrone assoluto del comparto: sulla sua piattaforma venivano venduti circa il 90% di tutti gli e-book commercializzati al mondo. Una posizione dominante che permetteva ad Amazon di applicare sconti molto aggressivi. Riducendo però in questo modo i margini per gli editori. La corte d’appello ha quindi confermato la sentenza di primo grado, giunta a luglio 2013, che già accusava la casa di Cupertino di violazione dello Sherman Act, la norma federale statunitense in materia di antitrust.

Insieme ai consumatori, riuniti in una class action contro Apple, si sono aggiunti poi nel tempo ben 33 Stati americani. I legali della Mela hanno provato a difendere l’azienda sostenendo che le mosse della società avevano probabilmente “aizzato” gli editori contro Amazon, ma in modo involontario. Tesi smontata dall’accusa, secondo la quale le prove raccolte in questi anni dimostrerebbero in modo incontrovertibile che Cupertino sapeva quello che stava facendo.

“Apple aveva capito che i contratti proposti erano allettanti per gli editori soltanto se loro avessero deciso, tutti insieme, di modificare i rapporti con Amazon in favore di un agency model, che Apple sapeva sarebbe poi risultato in un aumento dei prezzi”, scrivono nella sentenza i giudici Debra Ann Livingston e Raymond J. Lohier Jr. Il cosiddetto “agency model” permette infatti agli editori di fissare i prezzi degli e-book.

Ma, almeno teoricamente, non è ancora detta l’ultima parola. Apple può infatti chiedere al sistema di tribunali federali di secondo circuito di riesaminare il caso, oppure rivolgersi direttamente alla Corte Suprema per l’ultimo appello. “È tutta una questione di principio. Sappiamo che non abbiamo commesso illeciti nel 2010 e stiamo valutando i prossimi passi”, hanno commentato i legali dell’azienda di Cupertino.

 

 

Ma, se anche il massimo tribunale statunitense dovesse rigettare l’appello o, comunque, riconfermare la tesi dei giudici di secondo grado, la Mela potrà “consolarsi” nel pensare che 450 milioni di dollari rappresentano soltanto il 3% del fatturato registrato nel trimestre concluso lo scorso dicembre. Un quarter in cui la compagnia ha visto aumentare le entrate del 33%, grazie soprattutto al boom degli iPhone 6 in Cina.

 

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