30/05/2016 di Redazione

Facebook volta pagina: cookie su tutti, ma a fin di bene

Attraverso il Facebook Audience Network gli inserzionisti e gli sviluppatori di app potranno ora raggiungere con annunci mirati anche gli utenti non iscritti al social network. I cookie saranno sfruttati per tracciare gli internauti e migliorare la pubbli

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Pubblicità migliori per tutti: per gli utenti, per gli editori e per gli inserzionisti. È l’ultima promessa di Facebook, quella di annunci pubblicitari più mirate e coerenti con gli interessi dell’utente, e dunque meno molesti per quest’ultimo e più efficaci per chi investe in una campagna di advertising. La vera notizia, però, sta nel modo in cui questo risultato diventa possibile: il social network userà utilizzerà i cookie e altri plug-in integrati su siti di terze parti per monitorare anche i non iscritti alla piattaforma e coloro che, in un dato momento, mentre navigano sul Web non risultano loggati. L’annuncio dato da Andrew Bosworth, vice president Ads and Business Platform, mette l’accento su ben altri aspetti: l’azienda sta “lavorando per offrire una esperienza di advertising online migliore per tutti”.

Questo, in parole semplici, significa pubblicare contenuti affini agli interessi del singolo, ed è chiaro come maggiore è l’attività di monitoraggio delle abitudini online dell’utente, migliore sarà il risultato. Già da un paio di anni gli inserzionisti e gli sviluppatori di app hanno a disposizione il Facebook Audience Network per capire come andare a colpo sicuro, ma solo adesso questo strumento viene esteso in modo da poter “osservare” anche i non iscritti o non connessi a Facebook.

I blogpost elude i dettagli tecnici, ma a sopperire la carenza ha pensato il Wall Street Journal interrogando lo stesso Bosworth: “Gli editori e gli sviluppatori di applicazioni hanno fra i loro utenti anche persone che non usano Facebook”, ha detto il vice president. Per capire gli interessi e l’identità di queste persone, d’ora in avanti il social network osserverà la loro navigazione e i loro gusti attraverso i click sul pulsante “like” e su altri elementi inseriti su pagine Web esterne alla piattaforma. L’opera di monitoraggio è capillare: sono circa 13 milioni i siti che utilizzano i plug-in di Facebook.

D’ora in poi, dunque, se un internauta visita una pagina contenente un frammento di software di questo tipo, Facebook è in grado di seguirlo lungo il suo percorso di navigazione, raccogliendo “informazioni di base” che servono poi a indirizzare le inserzioni pubblicitarie. Tutti contenti? Il tracciamento dei non iscritti o non loggati è già stato oggetto di polemiche in passato. In particolare citiamo il caso di uno studio del 2015 di ricercatori universitari belgi, ripreso poi dalla Belgian Privacy Commission per contestare a Facebook proprio quest’impiego (all’epoca non dichiarato) dei cookie. Di fronte all’accusa di registrare le attività di chi cliccava il pulsante “like” inserito su pagine Web, la società di Mark Zuckerberg aveva risposto addossando la colpa a un presunto bug che in un numero ristretto di casi avrebbe permesso tale attività. Lo “spionaggio”, insomma, sarebbe stato del tutto preterintenzionale e non dettato da fini di marketing.

 

 

Quando, nel giugno del 2015, il caso era passato nelle mani di una corte belga, la strategia di difesa era leggermente mutata: i cookie usati per osservare i movimenti di chi interagiva con il social senza effettuare il log sarebbero uno strumento di sicurezza, necessario per evitare hackeraggi di profili e furto di dati. Lo scorso ottobre poi, il chief security office Alex Stamos aveva rimarcato il concetto spiegando che i cookie rappresentano per Facebook unapreziosa sentinella, capace di indicarci la legittimità di un account”, e capace di smascherare persone che utilizzano identità false o che sferrano attacchi DDoS.

L’argomentazione non aveva convinto il tribunale belga che a novembre aveva ordinato all’azienda californiana di interrompere il tracciamento dei non-utenti, pena il pagamento di una multa da 250mila dollari al giorno. Un paio di mesi dopo, Facebook era ricorsa in appello facendo leva su un utilizzo – a suo dire, improprio – del termine “cookie” da parte della corte. Ora, invece, lo sdoganamento, sostenuto dallo slogan "pubblicità migliore per tutti".

 

 

 

 

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