14/03/2012 di Redazione

Il mercato Ict? Non c'è più. Ma quello digitale cos'è?

Una delle novità presentate dal Rapporto Assinform 2011 è la riclassificazione del paniere di voci che compongono l’insieme della spesa in tecnologie in Italia. Accanto ai server, nella categoria dispositivi e sistemi, compaiono per esempio gli ebook read

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Il Rapporto Assinform come lo abbiamo conosciuto fino a oggi non ci sarà più. Perché rinasce in una nuova versione, che presuppone l’atto di “inforcare nuovi occhiali”. Il mondo è cambiato, dall’era Ict si è passati all’era digitale e ci vuole un modo nuovo per misurare e capire il mercato. A spiegare il concetto alla stampa, in sede di presentazione del Rapporto 2011, il Presidente di Assinform, Paolo Angelucci , e l’amministratore delegato di NetConsulting, Giancarlo Capitani.
 
Per questo l’Associazione di Confindustria che raggruppa gli operatori del settore informatico e delle telco d’ora in poi parlerà di “Global digital market”, mercato che comprenderà dispositivi e sistemi (home & office device, enteprised e specialized system, infrastrutture Ict), software e soluzioni Ict on premise (software di sistema, middleware e software applicativo), servizi Ict, contenuti digitali e pubblicità online.

Un mercato molto vasto stimato poco sopra i 72 miliardi nel 2009 e sceso a 69,3 miliardi nel 2011 per una ripartizione così confezionata: 17,2 miliardi arrivano da dispositivi e sistemi, 5,2 miliardi dal software on premise, 40,1 dai servizi Ict e 7,1 miliardi da contenuti e pubblicità digitale. Rispetto al comparto Ict tradizionale, sceso l’anno passato a circa 58 miliardi, la differenza in termini quantitativi è evidente. E lo è anche sotto l’aspetto qualitativo, di quali cioè sono gli elementi che compongono questo “nuovo” mercato.

 “L’Ict – spiega Capitani – è una tecnologia di base incorporata in prodotti e servizi. Si tratta di un settore a geometria variabile”. Concetto esteso da Angelucci, secondo cui il mondo delle tecnologie digitali deve interessare tutti i soggetti e gli ambiti della società, scuola compresa. Tutto vero, però il rischio marmellata è molto alto.

Il segmento di dispositivi e sistemi, per esempio comprende ebook reader, tablet ed enterprise specialized system (server e apparati di storage quindi). Un mix un po’ bizzarro. E se è vero che l’Ict è un settore a geometria variabile è vero anche che qualche paletto andrà messo.

Cosa ne sarà, per esempio, delle Smart tv? Includiamo anche quelle? E lavatrici e frigoriferi intelligenti e connessi a Internet (e quindi alla posta elettronica)? Rientrano tutte nel software applicativo che comprende piattaforme per la gestione Web, Internet of things e soluzioni orizzontali e verticali? Per non parlare poi del mondo della pubblicità online, il cui sviluppo può essere visto come un segnale di crescita delle aziende che non guardano più solo alla televisione, ma poco altro.

I due mercati tecnologici italiani a confronto nella classificazione di Assinform/NetConsulting (in migliaia di euro)


Il Rapporto Assinform, almeno nella nostra visione, è stato sempre visto soprattutto in chiave B2b. Era il momento e l’occasione per capire se le aziende avessero fatto passi avanti, a considerare la tecnologia non solo come un costo ma come investimento, se queste strabenedette Pmi avessero iniziato a capire l’utilità di utilizzare un pc o un software. Altre fonti esistono per il mondo consumer, ma la moneta da utilizzare quando si parla di aziende sono – con tutto il rispetto per il report confezionato da Assintel – sono da sempre i dati del Rapporto Assinform.

Sarà anche per un’allergia personale ai dati troppo macro, ma i segnali deboli si colgono dai dettagli dalla segmentazione spinta, dai particolari. Indici omnicomprensivi rischiano di fare prendere qualche titolo sui giornali che possono sparare numeri esagerati, ma nello stesso tempo di limitare la comprensione del mondo Ict. Oggi servirebbe di più sapere quanto vale il cloud che avere la sommatoria a volumi e fatturato di telefonini, videogiochi e servizi Ict.

L’impressione è che gli occhiali inforcati siano da miope, ci permettano di vedere da lontano. Ma oggi ci vorrebbero occhiali da presbite per vedere da vicino, sempre più da vicino.


Ha collaborato Gianni Rusconi


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