03/09/2015 di Redazione

Incidente di percorso per Waze, Google passeggero incolpevole

L’applicazione che permette di trovare e condividere informazioni su viabilità e punti di interesse, acquisita da Big G nel 2013 avrebbe attinto a più riprese dai database della concorrente PhantomAlert. A smascherarla, il copia e incolla di alcuni punti

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La spina nel fianco di Google, per una volta, non è il traffico dati ma sono i dati sul traffico. Quello dei veicoli circolanti su strada, che è il contenuto centrale di applicazioni come Waze e PhantomAlert, ovvero "social Gps" che aiutano gli automobilisti a percorrere la via più rapida, a evitare code, lavori stradali, autovelox e allerte meteo, ma anche a trovare punti di interesse. La prima, ben più nota, è stata acquistata nel 2013 dalla società di Mountain View per quasi un miliardo di dollari, mentre la seconda è nata nel 2008 a Washington DC e oggi accusa Waze di aver rubato informazioni dai propri database. O meglio di averli copiati.

PhantomAlert si è rivolta a una corte federale di San Francisco per denunciare il fatto: “Senza alcuna autorizzazione o consenso, Waze ha copiato i database di PhantomAlert e li ha incorporati nella sua applicazione”, hanno scritto gli avvocati. Se fosse vero, si tratterebbe di un vero e proprio furto perché le informazioni (raccolte da sensori, telecamere, semafori e combinate con i dati di localizzazione trasmessi dai dispositivi mobili degli utenti) sono il valore fondante di questi servizi, più della tecnologia che sostiene le loro app.

Le prove della colpevolezza? Le avrebbe scoperte lo stesso amministratore delegato di PhantomAlert, Yosef Seyoum. Osservando nel dettaglio le mappe di Waze, il Ceo ha rilevato la presenza di segnalazioni non corrispondenti al vero e presumibilmente frutto di un “copia e incolla” dagli archivi di  PhantomAlert, che le aveva inserite per scopi di testing.  “Quando ho osservato la loro mappa”, ha dichiarato Seyoum, “ho cominciato a notare delle anomalie. Come poteva un mio errore o watermark comparire su Waze?”.

Accortosi di questa stranezza, l’amministratore delegato ha chiesto assistenza legale. Analizzando nel dettaglio le due mappe concorrenti, in particolare la segnalazione dei punti di interesse, gli avvocati avrebbero poi trovato conferme di ripetuti furti di dati. PhantomAlert pretende ora il pagamento di un indennizzo e di un’ulteriore cifra che possa sanzionare adeguatamente la concorrenza sleale che Waze avrebbe operato.

 

Dal sito di PhantomAlert

 

In tutta la questione, la stessa Google sarebbe una vittima, un acquirente tratto in inganno per comprare a una cifra molto alta un prodotto arricchito con la proprietà intellettuale di un concorrente. Se anche l’accusa si rivelasse fondata, è comunque improbabile ipotizzare una rottura dei rapporti: a metà 2012, un anno prima della miliardaria acquisizione da parte di Big G, Waze poteva già contare su una clientela di 20 milioni di utenti, arrivati nel 2014 a quota 50 milioni; oggi l’applicazione è integrata con i database e con diversi strumenti di Google Maps.

 

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