21/10/2011 di Redazione

Innovazione, cloud, Pmi: cosa ci ha detto Smau 2011?

La tre giorni milanese del Salone dell’informatica va in archivio ed è subito tempo di chiedersi se le premesse della vigilia siano andate soddisfatte o deluse. I temi caldi – innovazione, cloud, mobilità, consumerizzazione – rimangono al centro del dibat

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Le premesse della vigilia erano queste: cloud computing, start up innovative, tablet per il business, tecnologie su misura per le Pmi, Smart City, applicazioni (con i Mob App Awards, che ha messo in gara oltre 260 applicazioni di circa 200 imprese italiane), eccellenze italiane in campo privato e pubblico. Circa 600 espositori e 50mila visitatori attesi.



Smau 2011 va in archivio e in archivio ci vanno anche le dichiarazioni (sempre della vigilia) del suo Amministratore Delegato, Pierantonio Macola: “oggi è per noi evidente che sia in atto un profondo cambiamento nel mondo delle tecnologie per il business. L’affermazione di nuovi prodotti e tecnologie in ambito consumer, sta innescando nel mondo delle imprese un interesse sempre maggiore legato alla loro semplicità d’uso e ai cambiamenti che potrebbero portare al modo di lavorare. A guidare questa evoluzione non sono più solo gli IT manager, ma imprenditori e responsabili delle diverse funzioni aziendali che per primi utilizzano tablet e smartphone nel privato. È infatti evidente come, ad esempio, un imprenditore che scopra a titolo personale la semplicità d’uso e la validità di un tablet o di uno smartphone diventi egli stesso il primo promotore nell'adozione di tali tecnologie in azienda, facilitando al tempo stesso quel cambiamento culturale necessario alla comprensione del ruolo strategico delle Ict oggi all’interno dell’impresa”.


Dei potenziali benefici per il business legati all’adozione delle soluzioni informatiche e delle tecnologie Internet si parla da almeno 10 anni, anzi di più, da quando Smau era ancora un evento imperdibile per tutti o quasi, operatori e addetti ai lavori naturalmente in testa. Che i tablet siano il fenomeno del momento non lo si scopre a Smau (dove per altro c’era sì anche quello di Apple, ma molto defilato presso lo stand di un distributore della Mela) e basta fare un veloce sondaggio fra i responsabili It delle medie imprese per capire che, oggi, l’idea di portare sui pc a tavoletta una parte delle applicazioni aziendali è uno “sfizio” che comporta (per lo staff It s’intende) più oneri che onori.

Pensare quindi che la sola cosiddetta “consumerizzazione” possa per magia riallineare la spesa in tecnologie informatiche dell’Italia ai livelli degli standard europei appare come una professione di eccessivo ottimismo. Certo il cloud potrebbe dare una scossa al torpore tecnologico – in parte forzato da priorità di sopravvivenza che relegano l’evoluzione dei sistemi informativi ad attività con priorità bassa - in cui dormono molte delle Pmi italiane. Il computing a nuvola produce benefici, è indubbio, e si presenta con un modello (la modalità di fruizione “a consumo” di software e hardware) che presuppone l’abbattimento dei costi fissi per l’impresa.


Ma se oggi in Italia hanno adottato almeno un servizio cloud solo il 16% delle imprese (contandole tutte, piccole, medie e grandi) complessivamente attive su scala nazionale – il dato, secondo l’Osservatorio del Politecnico di Milano, sale al 63% se si restringe il campo alle sole medie e grandi – e in termini di fatturato i servizi erogati dalla nuvola (Saas, Iaas e Paas) svilupperanno nel 2011 circa 400 milioni di euro su un giro d’affari complessivo dell’It nell’ordine dei 19 miliardi un motivo ci sarà.


Le aziende, soprattutto quelle piccole, fanno ancora fatica - questa almeno la sensazione - a investire in tecnologie. Ed è una tendenza che non si spiega certo solo con il fatto che il Belpaese attraversa un momento difficile sotto il profilo economico. Il fatto che Sap abbia lanciato proprio a Smau un concorso per regalare un pacchetto gestionale preconfigurato alle Pmi che risulteranno essere più meritevoli (secondo criteri di solidità aziendale, propensione all’innovazione, attenzione alla sostenibilità e affidabilità del business) è significativo.

Smau 2011, comunque, ha avuto il pregio di chiamare a raccolta molti addetti ai lavori, anche nel giorno conclusivo. Certo gli spazi espositivi non erano enormi e sarebbe interessante capire il rapporto di forza, fatto 100 il totale dei presenti, fra gli esponenti delle aziende utenti e quelli delle aziende vendor (secondo  i portavoce ufficiali siamo 50 a 50). Di soluzioni in vetrina se ne sono viste parecchie, dal mondo della stampa a quello del networking passando per le applicazioni di business (Erp, Business Intelligence e simili) e i sistemi di comunicazione su Ip.

Di vere e proprie novità, invece, se ne sono registrate poche, mentre di numeri se ne sono sentiti parecchi e quasi tutti tendenti a mettere in evidenza i segmenti della società digitale che funzionano. Interessante, per esempio, lo studio della School of Management del Politecnico sul cambiamento in atto fra gli operatori del canale Ict, e cioè quelle realtà (system integratore e software house locali) a più stretto contatto con le imprese, in relazione alle opportunità che si porta dietro il paradigma del cloud.


Lodevole il tentativo dei rappresentanti delle Regioni presenti a Smau di farsi promotrici di un utilizzo virtuoso delle tecnologie Ict attraverso il finanziamento di progetti e centri di ricerca e di attività formative sul territorio. Ci fossero fondi pubblici per fare tutto questo e per valorizzare a dovere le start up emergenti, le idee e i progetti ai quali destinarli di certo non mancano. Per fare network, inoltre, serve però la rete ad alta velocità ed ecco tornare sempre di attualità la questione infrastrutturale: la banda larga c’è e non viene utilizzata a dovere come dice Telecom oppure manca e tale latenza costituisce un ostacolo insormontabile per il processo di digitalizzazione e informatizzazione delle imprese?

Dalla tre giorni milanese sono emersi quindi segnali coerenti con quella che è la fotografia attuale del Paese. E cioè un Paese dove eccellenze e iniziative virtuose vanno a braccetto con limiti culturali ed infrastrutturali. Le tecnologie sono diffuse a macchia di leopardo, come le competenze e la propensione ad investire nell’innovazione dei processi e dell’organizzazione del lavoro. Appuntamento quindi al 2012 per capire come in dodici mesi come sarà cambiato lo scenario tecnologico italiano.

E verificare se una parte dei 40 miliardi di euro di benefici derivanti dall’innovazione digitale della Pubblica Amministrazione (a tanto ammontano secondo uno studio del Politecnico di Milano) si siano realmente concretizzati.



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