29/05/2012 di Redazione

L'Italia digitale e la sfida della dematerializzazione

Secondo le stime del Politecnico di Milano si potrebbero risparmiare oltre 200 miliardi di euro l'anno dalla digitalizzazione dei processi. Nel 2011 60mila imprese si sono scambiate in formato elettronico documenti del proprio ciclo dell’ordine o hanno po

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Dal convegno “Italia digitale: è possibile!”, tenutosi la scorsa settimana a Milano in occasione della presentazione della Ricerca 2012 dell'Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, è tornato a riecheggiare forte un ritornello già noto.

Se l’Italia intraprendesse seriamente e diffusamente il processo di digitalizzazione le casse di imprese ed enti pubblici Stato potrebbero godere di circa 200 miliardi di euro di risparmi l’anno. Per farlo, però, bisognerebbe dematerializzare 600 miliardi di “fogli” legati ad attività di business, pari a quasi 45 miliardi di documenti di un migliaio di tipologie diverse.
 








Fatturazione elettronica, conservazione sostitutiva e integrazione del ciclo ordine-pagamento sono quindi una strada assolutamente percorribile per generare efficienza, dentro le organizzazioni della PA quanto in quelle private.

 Il problema è che si dovrebbe trasformare in formato digitale una pila di carta che ““ammonticchiata” (questo il termine utilizzato dai ricercatori dell’ateneo milanese) risulterebbe essere circa 6.780 volte più alta dell’Everest, e cioè quasi un sesto della distanza tra la Terra e la Luna oppure l’equivalente di un giro e mezzo attorno alla Terra seguendo l’Equatore.

Le cifre che rendono bene l’idea dei benefici che deriverebbero dalla dematerializzazione non hanno bisogno di molti commenti e sono i seguenti: 24 milioni di alberi non abbattuti, una riduzione delle emissioni di CO2 pari a oltre quattro milioni di tonnellate, 12 miliardi di euro di risparmi in carta e materiali.

Mettendoci nel conto i “saving” generabili dalla digitalizzazione degli interi processi di cui sopra (e quindi tagliando per esempio i costi di manodopera e di archiviazione), ecco materializzarsi gli oltre 200 miliardi di euro l’anno.

Una cifra corrispondente a diverse Leggi Finanzierie che potrebbe essere oltre tutto anche maggiore considerando i benefici legati a un accesso consapevole e diffuso alle banche dati contenenti queste informazion, il che significherebbe migliore controllo della spesa pubblica, più efficace monitoraggio sulle entrate fiscali, migliore servizio a cittadini e imprese.



I risparmi della digitalizzazione nella PA
Prendendo in esame la sola Pubblica Amministrazione, l’analisi del Politecnica evidenza come una decisa accelerazione verso una “Italia digitale” permetterebbe di ottenere risparmi pari a 43 miliardi di euro l'anno, di cui quattro di soli risparmi sui prezzi di acquisto e sui costi di processo negli approvvigionamenti, 15 legati all'aumento di produttività del personale e 24 di risparmi sui “costi di relazione” tra PA e imprese, grazie a uno snellimento della burocrazia.

Parlare di digitalizzazione come leva anticrisi non è quindi fuori luogo e di questo ne è convinto Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione della School of Management del Politecnico di Milano, secondo cui “le opportunità di miglioramento legate di un’adozione delle ICT consapevole, pervasiva, integrata e strategicamente legata al business possono rappresentare un nuovo paradigma organizzativo per affrontare con consapevolezza le evoluzioni e i potenziali rischi del futuro”.

“Oggi una digitalizzazione dei processi in Italia è possibile – prosegue Perego – e lo dimostrano diversi progetti già realizzati. Ed è da tempo disponibile la gran parte degli strumenti informatici abilitanti, dalla firma digitale alla marca temporale, dai sistemi di gestione massiva dei documenti agli apparati di storage sicuri, dalle soluzioni di scansione ai software di riconoscimento automatico e data capturing, dai canali di comunicazione utilizzabili e spesso già utilizzati come EDI, Extrane e PEC agli standard esistenti adottati per lo scambio di informazioni strutturate”.



La diffusione tra le imprese
Nel 2011, è qeusto è perlomeno un buon segno in prospettiva, è cresciuto il numero di imprese italiane che hanno intrapreso un percorso di dematerializzazione e digitalizzazione del ciclo ordine-pagamento.

Più precisamente sono state complessivamente oltre 60mila le aziende - circa un'impresa su due tra le grandi, un'impresa su sei tra le PMI e meno dell’1% tra le microimprese - che hanno scambiato in formato elettronico (attraverso canali EDI, Extranet o portali Internet) almeno una parte dei documenti relativi al ciclo dell’ordine o hanno portato in conservazione sostitutiva le fatture (attive o passive).

Il dettaglio per singole attività è quindi il seguente. Circa 3.400 imprese hanno fatto nel 2011 conservazione sostitutiva di fatture attive e/o passive,  con una crescita del 35% rispetto al 2010, e sono oltre 90mila quelle che hanno lavorato sui principali libri e registri contabili.

Circa 8.300 imprese, numero in crescita del'11, hanno utilizzato formati elettronici strutturati per scambiare con i propri clienti e/o fornitori – tramite reti EDI, WebEDI e XML – i principali documenti del ciclo ordine-pagamento. Circa 50mila imprese – soprattutto di piccole-medie dimensioni – hanno invece scambiano in formato digitale, utilizzando circa 280 tra Extranet o portali B2b di tipo transazionale, almeno una tipologia di documento del ciclo ordine-pagamento.

Sono per contro ancora poche decine le imprese che ricorrono alla fatturazione elettronica “pura”, come definita cioè dalla normativa, che parla di “accordo esplicito tra le parti che si impegnano a portare in conservazione sostitutiva le fatture entro 15 giorni dalla data di emissione/ricezione.



Cresce però il numero di aziende, e sono circa 2mila, che operano secondo il modello  della “Quasi Fatturazione Elettronica” (il fornitore invia una fattura telematica al cliente ed entrambi portano il documento in conservazione sostitutiva senza accordo esplicito tra le parti né l’obbligo di rispettare i 15 giorni per portare la fattura in conservazione sostitutiva).

Oltre 3.000 imprese, infine, fanno conservazione sostitutiva delle fatture attive, inviandole ai clienti in modalità telematica attraverso le modalità della cosiddetta “Fatturazione Elettronica lato attivo”.



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