23/11/2010 di Redazione

Punto della situazione sulla protezione dei dati

Symantec ha pubblicato la sesta edizione dello studio sul recupero dei dati in caso di gravi emergenze. Negli ultimi anni l'attenzione si è spostata su virtualizzazione e cloud computing, ma c'è ancora poca attenzione e consapevolezza.

Le tecnologie moderne sono un rischio per la sicurezza dei dati. È quanto emerge da un'analisi di Symantec (infografica PDF), che evidenzia come sistemi virtuali e cloud computing rendano la gestione delle risorse più complessa e delicata. Soprattutto se, come evidenza lo studio, i sistemi virtuali non sono protetti adeguatamente.

Symantec

Quasi la metà dei dati presenti sui sistemi virtuali non viene sottoposto a regolare backup e solo un intervistato su cinque usa tecnologie di replication e failover per proteggere gli ambienti virtuali. Gli intervistati hanno inoltre indicato che il 60% dei server virtuali non è incluso nel proprio attuale piano di Disaster Recovery (DR). Un incremento significativo rispetto al 45% rilevato nello stesso studio condotto nel 2009.

Insomma, da una parte i responsabili tecnici delle aziende sono sempre più inclini a usare tecniche di virtualizzazione e cloud computing per ottimizzare la gestione delle risorse, ma dall'altra questi sistemi non sono accompagnati da un'altrettanto attenta amministrazione della sicurezza.

Dati virtuali protetti - Clicca per ingrandire

Da una parte le applicazioni mission-critical sono spesso gestite in cloud  computing, ma dall'altra spesso gli intervistati percepiscono questa scelta come poco sicura.

Quanto ai backup, strumento essenziale per la protezione dei dati, emerge che nell'82% dei casi vengono fatti "una volta alla settimana o meno frequentemente", per diverse cause, dalla carenza di risorse a quella di spazio per i dati.

Aspettative e realtà - Clicca per ingrandire

Questa situazione precaria giustifica quindi il lavoro di aziende come Symantec. Vale la pena notare che buona parte degli intervistati si rivolge a questi servizi con aspettative troppo ottimistiche. Riguardo ai tempi d'intervento, per esempio: in media, i downtime reali dovuti ad un'interruzione di servizio negli ultimi dodici mesi erano di cinque ore, più del doppio rispetto alle aspettative di due ore".

Ore perse - Clicca per ingrandire

Interessante anche la misurazione delle cause principali. Nel 72% dei casi il downtime è stato causato da un aggiornamento del sistema, seguito a breve distanza da problemi di corrente elettrica, e poi (63%) i cyber attacchi, che sono anche i problemi che fanno perdere più ore.

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