13/02/2020 di Redazione

La trasformazione digitale riesce meglio con il cloud ibrido

L’uso combinato del cloud pubblico e delle risorse on-premise sembra essere il modo migliore per adattare i sistemi informativi alle nuove esigenze. La testimonianza di Nutanix, società specializzata in sistemi iperconvergenti.

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La trasformazione digitale non è una strada a senso unico. Lo testimonia una recente ricerca commissionata da Nutanix a Vanson Bourne: uno dei dati che spicca nella sintesi delle 2.650 interviste a decisori IT di tutto il mondo è che il 73% delle aziende che aveva spostato le proprie applicazioni sul cloud pubblico ha poi deciso di riportarne alcune on-premise. In Italia, tra l’altro, questa percentuale sale all’82%. È una testimonianza del fatto che il modello vincente è quello ibrido, un dato che viene anche esplicitato nella ricerca:  l’85% degli intervistati ha dichiarato che è l’architettura migliore per affrontare la trasformazione digitale. 

 

Per capire meglio come uno dei principali vendor IT impegnati nella digital transformation aiuti concretamente le aziende a trovare e realizzare l’infrastruttura ideale, abbiamo intervistato Matteo Uva, sales manager commercial di Nutanix.

 

Matteo Uva, sales manager commercial di Nutanix

 

 

Qual è il ruolo di Nutanix nella trasformazione digitale?

La missione di Nutanix nell’era della trasformazione digitale è quella di fornire alle aziende infrastrutture che siano in linea con il potenziale della digital transformation. Sappiamo che, considerando miliardi di device collegati, dobbiamo per forza pensare ai volumi tipici dei Big Data. Come si deve organizzare il cliente in tema di infrastruttura per gestire tutti questi dati? Che investimenti sono necessari? Dal nostro punto di vista è chiaro che dobbiamo facilitare la trasformazione, che è inarrestabile. L’IT riteniamo avrà un ruolo centrale, ma la domanda è come debba organizzarsi. Non c’è dubbio che la risposta più centrata è quella che si riferisce alle infrastrutture ibride, dove il multicloud ha un ruolo importante. Quindi parliamo, in sintesi, di logiche infrastrutturali basate sul cloud ibrido.

 

Come lo realizzate?

 

Ci muoviamo all’interno di un percorso in cui il primo passo è la semplificazione dei data center dei clienti. Aiutiamo i clienti superare l’approccio tradizionale hardware-centrico, con tecnologie e skill diverse ma integrate. Noi semplifichiamo tutto questo utilizzando un unico strato hardware e un unico strato software. È ciò che comunemente viene chiamato iperconvergenza, e noi siamo stati precursori di questo mercato: non è un caso se nel Gartner Magic Quadrant di riferimento Nutanix è stata posizionata tra i leader in tutte le edizioni. Dopo aver semplificato, in una seconda fase organizziamo un nuovo data center, più efficiente, sfruttando le logiche del cloud (marketplace, self-service). La terza e ultima fase consiste nell’estendere questo data center, collegandolo con i fornitori di cloud pubblico. Il cruscotto, la soluzione che permette di orchestrare tutto, si chiama Prism. Una serie di tool a supporto danno la possibilità di decidere quali dati tenere in casa e quali no.

 

E i clienti in Italia rispondono bene a questo tipo di offerta?

 

Molte aziende hanno già iniziato questo percorso, sullo sfondo c’è la necessità di non restare indietro rispetto alla quarta rivoluzione industriale. Quello che posso dire è che noi in Nutanix stiamo lavorando con molti clienti che non solo hanno manifestato interesse, ma stanno già godendo dei primi importanti benefici.

 

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