19/11/2025 di redazione

Mercato digitale in crescita del 3,9%, sull’AI ancora barriere da superare

L’analisi di TIG – The Innovation Group tratteggia un’Italia in cui gli investimenti tecnologici non rallentano, con il traino dei servizi.

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Il digitale è ancora un motore per l’economia italiana ed è una leva di innovazione per cui le aziende e la Pubblica Amministrazione sono disposte a spendere. Secondo i dati diffusi che TIG – The Innovation Group presentati al “Digital Italy Summit” di Roma, quest’anno il mercato digitale italiano raggiungerà un valore complessivo di 83,4 miliardi di euro, con una crescita del 3,9% rispetto al 2024. La somma include il giro d’affari movimentato da hardware, software e servizi dell’informatica e delle telecomunicazioni, nonché gli investimenti in contenuti digitali, che sono peraltro la componente più in crescita.

Si stima, infatti, un incremento di investimenti del 5,6% per i contenuti digitali, del 5,5% per i servizi Ict, del 3,4% per il software, mentre la spesa hardware è in lieve crescita, dello 0,6% anno su anno. Nel 2026, poi, il mercato digitale italiano dovrebbe raggiungere un valore di 86,6 miliardi di euro.

L’intelligenza artificiale procede tra gli ostacoli

Il quadro è nel complesso positivo, anche considerando che aziende ed enti della PA non possono più contare su nuove iniezioni di risorse legate al PNRR. Le imprese italiane, comunque, mostrano interesse ma anche qualche difficoltà sull’intelligenza artificiale: nel campione intervistato da TIG, solo il 14% l’ha già integrata nei propri processi e attività (la percentuale non considera, invece, gli utilizzi occasionali, non strategici e frutto di iniziative individuali). Il 27% delle è aziende attualmente in “fase di studio” e il 17% prevede di adottare soluzioni di AI un prossimo futuro.

La quota delle disinteressate al tema è quindi minoritaria, ma comunque la corsa all’adozione è stata, finora, una corsa abbastanza lenta. La principale barriera sembra essere la mancanza di competenze interne, segnalata dal 44% delle aziende del campione. Seguono la difficoltà nel dimostrare il valore dell’AI per il business, e quindi nel giustificare l’investimento, per il 31% delle aziende, e la difficoltà nell’individuare casi d’uso concreti, nel 28%). E ancora, sono stati citati come ostacoli i costi troppo elevati (23%), i problemi legali, di compliance e di qualità dei dati (19%) e gli aspetti di etica (16%). 

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La Pubblica Amministrazione dopo il PNRR

Nella Pubblica Amministrazione italiana il digitale è ormai onnipresente, ma la sostenibilità delle iniziative nel lungo periodo non può essere data per scontata. Il 96% degli enti pubblici locali interpellati da TIG e Gruppo Maggioli (476, tra Comuni, Unioni di Comuni, Città Metropolitane e Province) ha sviluppato progetti digitali nei 12 mesi precedenti al sondaggio, ma solo il 26% si sta attivando per la gestione del “post PNRR”, cioè per portare avanti tali progetti anche dopo l’esaurimento dei fondi ottenuti.

Le iniziative avviate riguardano soprattutto l’adozione di piattaforme digitali pubbliche (66%) e la migrazione al cloud (63%), e a seguire la dematerializzazione dei processi (47%) e l’integrazione dei dati (37%). In sostanza, la PA locale sta lavorando per dotarsi di infrastrutture tecnologiche e di strumenti che consentano scalabilità e interoperabilità dei dati. 

Il PNRR è sicuramente servito: il 90% dei rappresentanti degli enti locali pensa che i fondi siano stati determinanti per avviare progetti digitali. E quando finiranno? Nel sottoinsieme del 26% di enti che hanno già deciso come gestire il “post PNRR”, si punta sui programmi di formazione (42% del sottoinsieme) e sul reperimento di risorse economiche alternative (23%) o anche si valuta un possibile ripensamento dei progetti (20%).

“Italia ed Europa stanno attraversando un passaggio cruciale, un vero cambio di paradigma”, ha dichiarato Roberto Masiero, presidente di TIG – The Innovation Group. “Viviamo una fase segnata da profondi cambiamenti geopolitici ed economici, e da un’evoluzione demografica che ci vede sempre più come un continente anziano. In questo contesto, dobbiamo interrogarci sul ruolo che intendiamo giocare in uno scenario globale sempre più complesso. La sfida di oggi non è chiedersi se e dove ‘adottare il digitale’, bensì saperlo governare e valorizzare per generare crescita, inclusione e competitività in tutti i settori portanti della nostra società. Per riuscirci serve una visione di lungo periodo, capace di integrare investimenti, competenze e politiche industriali, così da rendere il digitale una leva stabile di sviluppo per il Paese e per l’intero continente”.

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