30/12/2025 di redazione

Avaneidi: SSD sicuri prodotti e progettati in Italia

Tra le tante tecnologie che l'Europa non sembra in grado di sviluppare e produrre c'è quella dello storage, oggi per lo più appannaggio di aziende asiatiche o americane. Finalmente c'è un'alternativa.

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L’Europa e l’Italia soffrono di una forma di pigrizia culturale che le porta a essere consumatrici entusiaste di innovazione altrui, piuttosto che protagoniste del proprio sviluppo digitale. Questa tendenza porta le aziende nostrane a guardare con occhi diversi un'azienda se questa ha la sede nel Delaware rispetto a quelle che nascono e vivono sul territorio nazionale. Si tratta di un problema strutturale che affonda le radici in una visione errata della globalizzazione, ormai considerata da molti come un'epoca conclusa, ma che ha lasciato l'illusione che la tecnologia sia una risorsa sempre disponibile e intercambiabile in ogni sua combinazione. In questo contesto, l'Europa non ha ancora sviluppato una vera industria dello storage che si occupi dello sviluppo tecnologico, limitandosi a un ruolo di puro fruitore e abbiamo fatto due chiacchiere con Rino Micheloni, CEO di Avaneidi, per capire cosa significa fare innovazione tecnologica in Italia e quali sono le sfide da affrontare.

Una situazione che stenta a mutare

Secondo Micheloni, nonostante lo scenario internazionale renda sempre più chiaro che l’Europa debba puntare verso una ormai improrogabile indipendenza tecnologica, operare in Italia come sviluppatori di tecnologia significa scontrarsi con barriere spesso insormontabili, specialmente quando si tenta di approcciare i settori della pubblica amministrazione o della difesa. Nonostante i numerosi tentativi di dialogo con i vertici governativi, chi fa innovazione si trova davanti a una corazza difficile da penetrare, fatta di dinamiche contrattuali consolidate e resistenze che mal si conciliano con gli orizzonti temporali di una startup. Spesso l'ecosistema locale, invece di agevolare le realtà innovative, sembra quasi ostacolarle poiché l'ingresso di un nuovo attore rompe equilibri e rinnovi di contratti già esistenti. Questo isolamento è stato il motore che ha spinto i fondatori di Avaneidi, reduci da lunghe esperienze lavorative in mercati tecnologicamente avanzati come Corea del Sud, Cina e Stati Uniti, a chiedersi perché in Europa mancasse una produzione propria di sistemi di archiviazione dati.

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Da commodity ad asset strategico

La riflessione dell’azienda parte da un presupposto spesso ignorato: lo storage non è più una semplice commodity, ma il cuore vulnerabile della sicurezza informatica. Mentre il mercato si è concentrato per anni solo su velocità e costi, la transizione dai vecchi hard disk meccanici agli SSD ha introdotto una complessità sistemica senza precedenti che è stata ampiamente ignorata da tutti. Un moderno SSD non è infatti una semplice memoria, ma un vero e proprio sistema di storage dotato di processori multicore su cui girano oltre un milione e mezzo di righe di codice software. Questa densità di software porta con sé rischi di cybersecurity subdoli e impensati, poiché il firmware degli SSD può essere manipolato per creare backdoor o attivare kill switch in grado di bloccare l'intero sistema dall'interno.

Per rispondere a queste minacce, Avaneidi ha introdotto il concetto di cyber storage, una soluzione che fonde la capacità di memorizzazione con una protezione nativa del dato, una caratteristica che risulta preziosa per tutte quelle aziende che stanno riportando in casa molti dati dislocati inizialmente nel cloud. In un mondo dove gli attacchi ransomware sono all'ordine del giorno, agire a livello di SSD diventa fondamentale: un attacco portato direttamente alle tabelle di gestione del processore di un disco sarebbe infatti istantaneo e non lascerebbe alcuno spazio di reazione, rendendo inutili i tradizionali sistemi di monitoraggio software.

Ci si può fidare dei dischi che arrivano dall’estero?

L'offerta di Avaneidi si distingue per un controllo totale della filiera, avendo riprogettato da zero sia l'hardware che il firmware dei propri SSD, una sfida che molti ritenevano impossibile per una realtà europea. Questo approccio permette di implementare misure di sicurezza granulari, come la suddivisione del firmware in segmenti protetti da hash che vengono verificati a ogni accensione per rilevare eventuali alterazioni non autorizzate anche di un singolo bit. Il sistema di Avaneidi, concepito come un'infrastruttura integrata che comprende anche il sistema operativo proprietario e l'armadio rack, è in grado di monitorare costantemente la telemetria dell'hardware, segnalando immediatamente se un cavo viene scollegato o se un disco viene rimosso per essere rimpiazzato con uno identico ma compromesso.

Il futuro della sovranità digitale europea passa dunque attraverso la capacità di presidiare queste praterie sconfinate e oggi non protette dell'hardware. La soluzione di Avaneidi è ideale per le aziende medio-grandi e i nascenti data center edge, strutture che rispondono a necessità di scalabilità e riduzione dei consumi energetici che i grandi hyperscaler faticano a gestire. L'obiettivo finale è innescare un cambiamento culturale che porti le aziende a non considerare più il cloud come l'unica via possibile, ma a investire in alternative on-premise dove il controllo del dato sia effettivo, sicuro e garantito da una tecnologia sviluppata interamente sul suolo europeo.

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