31/10/2022 di Redazione

Lockdown e divieti, nuovi guai dalla Cina per gli iPhone

Le chiusure imposte a Foxconn per i focolai di covid potrebbero tagliare del 30% la produzione di iPhone della fabbrica di Zhengzhou.

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La produzione degli iPhone potrebbe essere tagliata del 30% a causa dei nuovi picchi di pandemia in Cina e della strategia “zero covid” di Xi Jinping. Sono passati due anni e mezzo dai primi lockdown, ma le periodiche chiusure continuano a penalizzare Apple, azienda che come noto dipende fortemente dai fornitori di componenti e dalle fabbriche di assemblaggio cinesi.

Secondo una “persona a diretta conoscenza dei fatti”, sentita da Reuters, in una delle maggiori fabbriche di iPhone si attende una riduzione dei volumi di produzioni che potrebbe arrivare al 30%. Si tratta dell’impianto di Zhengzhou  della taiwanese Foxconn, dove lavorano circa 200mila addetti (altre fonti riportano 300mila). Qui recentemente sono stati individuati focolai di covid e agli operai è stato imposto un lockdown forzato all’interno della fabbrica, come dimostra un video in cui si vede una decina di persone “evadere” dalla proprietà superando una recinzione.

Foxconn ha fatto sapere, la settimana scorsa, che la situazione sarà riportata sotto controllo e che l’impatto del lockdown di Zhengzhou sarà limitato. A detta della fonte confidenziale di Reuters, l’azienda si starebbe adoperando per incrementare la produzione in una fabbrica di Shenzhen.

Queste nuove indiscrezioni arrivano peraltro a poca distanza dai rumors secondo cui Apple potrebbe tagliare la produzione di componenti destinati agli iPhone 14 Plus, in attesa di “rivalutare la domanda”.

Come se tutto ciò non bastasse, secondo fonti del quotidiano giapponese Nikkei Asia la società di Cupertino avrebbe cambiato idea sull’uso dei chip di memoria della cinese Ymtc (Yangtze Memory Technologies). In questo caso il covid non c’entra: Apple avrebbe fatto marcia indietro per via delle nuove limitazioni imposte dal governo Usa alle importazione di tecnologie cinesi. Ymtc è stata inserita nella lista delle aziende “non verificate” (Unverified List): da esse le aziende statunitensi possono acquistare componenti, ma non possono condividere  tecnologie, progetti o documenti sensibili. 

 

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