28/03/2018 di Redazione

Mark Zuckerberg atteso al Congresso, mentre lo smart speaker va in pausa

Il Ceo di Facebook si presenterà il 10 aprile davanti alla commissione giustizia del Senato nordamericano, secondo indiscrezioni, mentre il parlamento britannico ascolterà altri due dirigenti. Cancellata, per il momento, l'ambizione di creare il concorren

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Altro che nuovi progetti, come lo smart speaker di cui si chiacchierava. Ora Facebook deve pensare a superare la crisi dello scandalo di Cambridge Analytica, crisi che porterà Mark Zuckerberg a testimoniare davanti al Congresso statunitense il prossimo 10 aprile, secondo le fonti confidenziali di Reuters e di Cnn. L'amministratore delegato dell'azienda, oggi nell'occhio del ciclone di paure e polemiche sulla privacy violata, non sarà però solo: il presidente della commissione giustizia del Senato ha invitato nella medesima data anche Sundar Pichai e Jack Dorsey, rispettivamente Ceo di Google di Twitter, per verificare quali siano le reali pratiche delle due piattaforme in fatto di raccolta e protezione dei dati personali degli utenti.

Zuckerberg non ha accettato, invece, l'analogo invito del parlamento britannico. Al suo posto, davanti alla commissione cultura, digitale e media, si presenteranno il chief technology officer di Facebook, Mike Schroepfer, e il chief product officer, Chris Cox. Il direttore operativo del social network, Sheryl Sandberg, ha invece ricevuto una lettera della commissaria Ue alla giustizia, Vera Jurova, in cui si chiedono risposte entro le prossime due settimane sull'entità del coinvolgimento di cittadini europei nella vicenda. Come se non bastasse, sulla società iniziano a fioccare le prime grane giudiziarie: in California tre persone si sono rivolte al tribunale per citare in giudizio Facebook, alla luce della scoperta di come la piattaforma social conservasse i tabulati telefonici e i messaggi scambiati sui dispositivi Android dei suoi iscritti.

Nuove indiscrezioni di Bloomberg, invece, svelano che la società di Menlo Park (non sorprendentemente) ha deciso di mettere in pausa, per il momento, lo sviluppo di un dispositivo smart domestico analogo ad Amazon Echo, Google Home ed Apple Homepod. Spiegano le fonti che l'intenzione di proporre uno smart speaker avrebbe dovuto essere annunciata fra poco più di un mese a San Jose alla conferenza “F8”, un evento rivolto agli sviluppatori, ma date le circostanze si è deciso di rimandare l'avvio del progetto a data da destinarsi.

Per la proposta di un apparecchio destinato a piazzarsi in salotto e dotato di microfono (e di riconoscimento facciale integrato, come doveva essere nelle idee di Facebook) è certo un momento poco proprizio, per usare un eufemismo. A maggior ragione se a farlo è l'azienda che ha reso possibile – per negligenza e disattenzione, nella migliore delle ipotesi e a voler essere ingenui – la prolungata raccolta e custodia di dati da parte di una società di digital marketing. L'attività è andata ben oltre i limiti previsti dalle policy dichiarate di Facebook, perché Cambrige Analytica ha potuto registrare l'attività social, i like, i commenti non solo di chi consapevolmente aveva usato un'app, ma anche degli amici di costoro. Nel 2015 Facebook aveva modificato in senso restrittivo le policy di raccolta dati per le applicazioni sviluppate da terzi, ma la società britannica aveva continuato a procedere secondo le vecchie e più permissive regole.

 

 

 

I dati di 50 milioni di persone sono stati rivenduti a soggetti che li hanno usati per influenzare l'opinione pubblica in campagne politiche, dal referendum sulla Brexit alle elezioni presidenziali da cui è uscito vincente Donald Trump. Si sono poi scoperti legami poco chiari fra la società britannica e la canadese AggregateIQ, la quale peraltro avrebbe incautamente esposto a occhi indiscreti i dati in suo possesso. Il rapporto fra le due, negato da AggregateIQ, è stato invece confermato da Christopher Wylie, ex dipendente e “talpa” di Cambrige Analytica. Durante la sua audizione davanti al parlamento britannico, il ventottenne non ha usato mezze parole per descrivere la politica della sua ex azienda, affermando che “a loro non importa se quello che fanno è legale, purché il lavoto venga portato a termine”.

 

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