16/02/2018 di Redazione

Russia sotto esame per hackeraggi record, Nopetya e propaganda

Ci sarebbero le forze armate russe e il Cremlino dietro NotPetya, l'eclatante attacco ransomware dell'anno scorso: l'accusa parte dalla Casa Bianca. La banca centrale russa denuncia un attacco sulla piattaforma Swift, mentre su Twitter si scatenano gli am

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Si abbatte sulla Russia un vortice di polemiche e accuse, fatto di propaganda, echi di eventi di cronaca (la strage compiuta dall'ex studente Nikolas Cruz in un liceo della Florida), sospetti di responsabilità in attacchi ransomware e denunce di hackeraggi da record. Partiamo da qui: a detta della banca centrale russa, un gruppo di hacker non indentificati è responsabile di un furto di quasi 340 milioni di rubli (339,5 milioni, corrispondenti a 4,8 milioni di euro) compiuto l'anno scorso attaccando la piattaforma Swift.

 

Per questo sistema per i trasferimenti di denaro interbancari , fra l'altro, da anni si prospetta una possibile uscita dalla Russia, inizialmente legata a ragioni geopolitiche, cioè il referendum sull'autodeterminazione della Crimea, del 2014. La messa al bando sarebbe oggi forse meno temibile per il Paese, che ha sviluppato una sua alternativa nazionale (l'Spfs), ma comunque penalizzerebbe le imprese russe nei loro rapporti economici con le aziende e istituzioni estere. La banca centrale ora ha fatto sapere di essere a conoscenza di “un attacco andato a buon fine sull'ambiente di lavoro del sistema Swift”, e che il volume di denaro sottratto è di 339,5 milioni di rubli.

 

Il cybercrimine è anche il tema dell'altra notizia, che similmente ci riporta al 2017: ci sarebbero delinquenti russi dietro a Notpetya, il ransomware crittografico che nel giugno dell'anno scorso ha colpito Pc e sistemi industriali in tutto il mondo, anche facendo vittime illustri. A Fedex, per esempio, è costato 300 milioni di dollari. A distanza di mesi, la Casa Bianca è giunta alla conclusione che i responsabili siano legati al Cremlino, con una rete di connessioni losche che d'altra parte è già emersa nel caso del Russiagate. In una nota emessa ieri si afferma che “nel giugno del 2017, le forze armate russe hanno lanciato l'attacco cyberneticho più distruttivo e costoso della storia”. NotPetya, infatti, si è diffuso rapidamente in tutto il mondo, causando miliardi di dollari di danni.

 

Si rincara poi la dose sostenendo che l'attacco fosse “parte dei tentativi, ancora in corso, del Cremlino di destabilizzare l'Ucraina”, e che “dimostra ancora più chiaramente il coinvolgimento della Russia nel conflitto in corso. È stato, inoltre, un cyberattacco sconsiderato e indiscriminato, che avrà delle conseguenze sul piano internazionale”. Dal ministo degli esteri britannico e dal governo danese sono giunte dichiarazioni di tenore analogo, che confermano la convizione di una responsabilità russa pur senza fornire prove.

 

Ancor più grave, non tanto per le conseguenze materiali ma per l'immoralità di un'azione di propaganda che fa leva su fatti di cronaca sanguinari, è quanto accaduto su Twitter in seguito alla strage del liceo di Parkland. La malata passione del diciannovenne Nikolas Cruz è diventata il pretesto per diffondere messaggi inneggianti al possesso delle armi: numerosi profili hanno postato a raffica, anche tramite bot, cinguettii di questo tenore, cercando visibilità attraverso gli hashtag di maggior tendenza.

 

Uno dei tanti tweet (genuini) sul tema del giorno

 

L'associazione Alliance for Securing Democracy ha osservato all'azione account e bot che hanno sfruttato hashtag come #nikolascruz, #gunreformnow, #parklandshooting e #floridaschoolshooting, mentre il sit Botcheck.me ha rilevato casi simili in relazione alle formule #Parkland, #guncontrol e #guncontrolnow.  In parte, a detta della Alliance for Securing Democracy, si tratta di semplici attività di simpatizzanti del Cremlino, ma in alcuni casi è ipotizzabile un legame vero e proprio con il governo russo. A prescindere dalle responsabilità, è una piccola consolazione notare come su Twitter stiano circolando anche hashtag di tutt'altra natura, come #GunReform e #gunReformNow.

 

 

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