Si discute molto, oggi, di intelligenza artificiale linguistica e generativa, grazie al rapido progresso tecnologico degli ultimi anni, simboleggiato soprattutto dai Large Language Model. Ma che siano gli esseri umani oppure l’AI a generare un testo, quanto sono brave le aziende italiane a comunicare sul Web? Come riescono a raccontarsi? La risposta arriva dal secondo osservatorio annuale sul tema promosso dall’Associazione Linguaggi Chiari Ets e condotto, in questa edizione, su 200 siti Web di aziende che presentano una larga base di utenti.
Si tratta di realtà appartenenti a quattro diversi settori: bancario e assicurativo, utilities e servizi, telecomunicazioni, tech e servizi digitali. I 200 siti Web sono stati studiati con due diverse metodologie di analisi: quantitativa e qualitativa. L’analisi quantitativa è stata realizzata con il software DyLan, sviluppato dall’Istituto di Linguistica Computazionale “Antonio Zampolli” del CNR: uno strumento che valuta in automatico la leggibilità di contenuti testuali (rispetto alla lingua italiana, in questo caso). Per la valutazione viene utilizzato un indice di leggibilità basato sull’analisi linguistica, indice che considera sia il lessico sia la sintassi. L’analisi qualitativa, invece, si è basata sui quattro principi della norma ISO 24495-1:2023 (Plain language), ovvero pertinenza, reperibilità, comprensibilità e usabilità.
Ne è emerso che, in linea generale, le aziende italiane si presentano sul Web con una buona comunicazione digitale, puntando a farsi comprendere dal maggior numero possibile di utenti. Sono emersi, però, anche problemi ricorrenti come la tendenza a scrivere testi inutilmente lunghi e gli errori di sintassi.
Anche l’uso dei link è da migliorare, specie per quanto riguarda l’accessibilità digitale: spesso i collegamenti ipertestuali inseriti sono generici, non portano a ottenere informazioni precise e risultano inservibili per tecnologie assistive come quelle di conversione text-to-speech.
Tendenzialmente, dall’analisi quantitativa risulta che il rischio di difficoltà di comprensione è diffuso quasi ovunque nei siti delle utilities (97%) e meno frequente per telco (87,6%), banche e assicurazioni (75,8%) e società tecnologiche (74.6%). Peraltro le banche sono tenute a curare la comunicazione in modo particolare vista la normativa italiana del Testo Unico Bancario, che chiede di avere siti trasparenti e chiari.
Dall’analisi qualitativa emerge, in generale, un buon livello di comunicazione digitale nei 200 siti Web considerati e parte del merito spetta all’uso dei microcopy, cioè frammenti di testi che guidano la navigazione e favoriscono l’usabilità. Rimangono però delle criticità, come l’impiego di espressioni vaghe e poco significanti (“clicca qui”, approfondisci”) e inoltre, in generale, risulta difficile capire se i contenuti sono aggiornati.
“Le conclusioni dell’osservatorio”, ha commentato Valentina Di Michele, presidente dell’Associazione Linguaggi Chiari Ets, “indicano che, in generale, le aziende sono più chiare nell’esporre i propri servizi rispetto al presentare la propria identità aziendale, dove ricorrono facilmente a un linguaggio aulico, pomposo e ridondante, non utile a consentire una buona comprensione da parte dell’utente. Un corto circuito comunicativo che in generale crea confusione nella scelta di un’azienda rispetto a un’altra a pari servizio erogato. Ogni sezione del sito dovrebbe avvalersi di strategie di comunicazione differenziate ma sempre a vantaggio della semplificazione e chiarezza di linguaggio. A fare le spese maggiori in termini di comprensione e accessibilità purtroppo sono spesso gli utenti con disabilità, la cui user experience viene sacrificata ancora troppo frequentemente”.
Fra un settore di impresa e l’altro si notano delle differenze. Le banche mostrano generalmente un linguaggio molto chiaro e ben strutturato nelle pagine "Chi siamo", con ottimi risultati per rilevanza, reperibilità, titoli chiari e microcopy; nella sezione "Servizio", invece, il loro linguaggio è meno immediato e comprensibile. Per le società di telecomunicazioni è vero il contrario: ottima chiarezza e ottima efficacia comunicativa nella presentazione dei servizi, scarse invece nella sezione “Chi siamo”. I settori tech, servizi pubblici e utilities mostrano eccessiva complessità nel linguaggio delle pagine "Chi siamo" e "Servizio".