Un manager di Aruba spiega come affrontare la sfida dei mercati stranieri attraverso il commercio elettronico, sfruttando il vantaggio dell’assenza di mediatori fra chi vende e chi acquista. In Europa solo il 4% dell’attività di e-commerce transfrontalier
Che l’export sia diventato, e non da oggi, un’ancora di salvezza per
molte aziende italiane e per le più fortunate un vero motore di crescita
non è certo notizia che stupisce. C’è però un tipo di commercio che
valica i confini nazionali che è ancora poco praticato: il cross border trade praticato online, senza mediazioni, verso i Paesi esteri della vicina Europa. Nell’Unione Europea solo il 4%
delle vendite effettuate su questo canale riguardano prodotti e aziende
italiane, a detta di uno studio commissionato da eBay a Deloitte. Come
incrementare questa tipologia di e-commerce, evitando errori di metodo e
di valutazione? Lo ha spiegato Stefano Sordi, direttore marketing di Aruba.
Stefano Sordi, direttore marketing di Aruba
Uno studio commissionato da Ebay a Deloitte ha evidenziato come il 15% dei residenti nell’Unione Europea abbia
effettuato acquisti online da un Paese Straniero. Questo dato risulta
molto interessante e getta luce su quanto possa essere importante
vendere online all’estero per reperire capitale economico e, magari,
uscire dalla crisi. I mercati più attivi sotto questo aspetto sono la Germania con il 27% di vendite extra nazionali, il Regno Unito con il 24% e la Francia con il 14%. A oggi solo il 4% di questo tipo di vendite proviene dall’Italia,
e tale dato evidenzia come questo settore sia da sviluppare ex novo nel
nostro Paese, aprendo nuove prospettive di ripresa per le piccole e
medie imprese nostrane.
I settori su cui si dovrebbe puntare
maggiormente per l’e-commerce transfrontaliero sono quelli in cui il
Made in Italy è particolarmente ricercato, ovvero arredamento, moda e
accessori per la casa: questo potenziale è già stato ampiamente
riconosciuto all’estero e lo dimostrano i dati sull’export delle Pmi
italiane che si affidano all’e-commerce. Le piccole imprese con un
negozio online affermano che il 24% del proprio fatturato arriva proprio
da tali vendite, e la percentuale sale fino al 39% per le medie imprese
(fonte: Google-Doxa).
Questi numeri testimoniano che puntare a
una strategia che miri all’internazionalizzazione aumenta il volume del
business e delle vendite, conducendo a un risultato che può essere alla
portata di tutti: dai piccoli artigiani ai fornitori di servizi,
passando per i rivenditori cosiddetti b2b e per i produttori di nicchia;
chiunque può sviluppare la propria piattaforma di e-commerce. Proprio
in tempi di crisi, la vendita online rappresenta un’occasione per
rilanciare interi settori di mercato, soprattutto all’estero, dove le
transazioni commerciali in rete avvengono con maggior frequenza.
L’essenziale è sviluppare una strategia ad hoc per ogni Paese che si
intende presidiare, seguendo quindi alcune regole.
Fare attenzione alla lingua da utilizzare nel proprio store online.
Pur
mirando sempre a comunicare al meglio la propria italianità, è
necessario che i clienti stranieri possano seguire il processo
d’acquisto nella propria lingua d’appartenenza.
Valutare con attenzione quale tipologia di prodotto vendere in un determinato Paese.
Può
essere necessario, per esempio, condurre delle ricerche mirate su quali
siano gli articoli di maggiore presa in Germania, piuttosto che in
Francia o negli Stati Uniti prima di lanciare un prodotto che
effettivamente può non avere mercato.
Rendersi visibili anche al di fuori dell’Italia.
Scegliere
portali di prodotto nazionali è un ottimo metodo per far conoscere il
proprio brand e la propria qualità all’estero, ma è possibile anche
pubblicizzare il proprio store online tramite campagne di pubblicità su
Google, nella lingua del Paese in cui si desidera commercializzare i
propri prodotti.
Selezionare i metodi di pagamento più conosciuti e affidabili.
Paypal,
per esempio, è il metodo di pagamento più utilizzato dagli utenti che
usufruiscono di soluzioni Aruba (con il 50,6% degli ordini), ma in
Francia va per la maggiore SipsAtos, in Spagna 4B/Servired mentre in
Benelux Ogone.
Ottenere certificati di sicurezza internazionali.
Bisogna
rassicurare il cliente dimostrandogli che sta acquistando su un sito
sicuro: per esempio attraverso il sigillo Trusted Shops o eKomi – per
citarne due molto utilizzati in Italia – o attraverso Confianza Online,
popolare principalmente in Spagna.
Dare valore all’integrazione del proprio store.
È
essenziale sia integrare il proprio e-commerce con i principali portali
di prodotto nazionali e internazionali come Amazon, eBay, Google
shopping, Ciao!, sia con i comparatori di prezzo più conosciuti, come
Skrill, Twenga, Kelkoo e altri.
Qualche consiglio pratico.
Sarà,
inoltre, utile fornire dei contatti chiari di riferimento per risolvere
dubbi e richieste in qualsiasi momento; utilizzare metodi di spedizione
efficienti; far ricorso a una soluzione che accetti un ampio numero di
valute internazionali in fase di vendita del prodotto.
Il “cross border trade” è
la nuova frontiera dell’e-commerce per le imprese e le Pmi italiane che
vogliano puntare sull’interazione fra negozi tradizionali, mobile e
online. Si tratta di un’opportunità biunivoca: infatti, i consumatori
stranieri hanno la possibilità di accedere a un’offerta diversificata
scegliendo anche i prodotti italiani; le Pmi, dalla loro, possono
crescere e presentarsi sul mercato internazionale senza intermediazione.
Per mettersi in campo in tale settore è necessario, però, scegliere la
soluzione più adatta alle proprie esigenze e prestare particolare
attenzione alla cultura di riferimento con cui si andrà ad interagire.
Fatto ciò, basterà puntare sulla qualità unica del Made in Italy e sulle
enormi opportunità che offre il mercato digitale, per poter incontrare e
soddisfare l’estesa domanda internazionale legata alle nostre
eccellenze.