27/06/2011 di Redazione

Le aziende e i social media: sfizio o necessità?

Il dibattito è aperto: Facebook, Twitter e i vari strumenti del Web 2.0 stanno prendendo piede dentro le imprese e gli studi di mercato che confermano questa tendenza si sprecano. C'è però una questione di modalità d'adozione e di risorse di budget destin

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Facebook e Linkedin possono realmente aiutare una media impresa, magari manifatturiera, a farsi conoscere meglio sul mercato globale? A promuovere i propri prodotti sul grande palcoscenico del Web? La risposta scontata, fra gli esperti di tecnologie digitale e di marketing, è ovviamente sì. Nulla da obiettare, semplicemente è doveroso fare anche una questione di “come” adottare i nuovi media sociali: come utilizzarli per raggiungere obiettivi concreti e non solo di facciata, come sfruttarne l’accessibilità (in fatto di investimenti necessari), come misurarne velocemente i benefici.



Il fenomeno del social networking in ambito business è giovane e per questo è difficile, anzi inutile, sentenziare giudizi definitivi sulla sua valenza o sulla propria inefficacia. Tanto vale quindi affidarsi, con buon senso, a quanto ci dicono gli studi effettuati sul campo per capire come, dentro le aziende italiane, vedono Facebook & Co. nelle vesti di strumenti a supporto di processi e iniziative.

Stando per esempio a una ricerca di Regus, il 48% delle imprese del Belpaese che già fa ricorso ai nuovi media trova oggi nuovi clienti attraverso attività di business social networking (blog, microblog e forum compresi) dedicate. Nel 2010 la percentuale in questione si fermava al 38%.

In rapida successione altri dati che fanno dei social network una sorta di dogma irrinunciabile: il 52% delle aziende italiane utilizza Twitter e Weibo per mantenere, restare in contatto e informare i clienti esistenti. Il 42% incoraggia i propri dipendenti a iscriversi a Linkedin, Xing e Viadeo. Il 33% dedicano fino al 20% del proprio budget di marketing alle attività di social networking aziendale. Dati che fotografano quale realtà? Quella delle grandi imprese che hanno risorse da spendere e un marchio da mettere in vetrina ovunque? Quella delle piccole e medie imprese che spesso lamentano gravi buchi in fatto di dotazione informatica di base, vedi un sistema Erp o una piattaforma di unified communication su IP?



Passiamo a un altro studio, e precisamente a quello effettuato da eCircle i sei Paesi europei (Italia compresa) su oltre 600 decision maker delle aree media e marketing. Ebbene il 44% delle aziende censite conferma di aver integrato gli strumenti social all’interno del proprio marketing mix. Relativamente alle sole imprese italiane, la percentuale scende al 37%, nel caso di quelle tedesche e spagnole sale al 50%. Siamo quindi in ritardo?

Questa l’interpretazione che si deriva testualmente dall’indagine: le aziende italiane stanno comunque effettivamente iniziando ad allinearsi con il resto dell’Europa nell’utilizzare i canali social (e Facebook è naturalmente il media più utilizzato) a livello strategico. Che dice però un’altra cosa, non certo trascurabile: la maggioranza delle organizzazioni vedono i social media come strumenti idonei per tre ordini di motivi: la scarsa capacità di indirizzare in modo mirato i messaggi, l’impossibilità di misurare l’impatto delle comunicazioni e la mancanza conoscenza del mezzo.

E ancora. Da un’indagine di HSM, condotta su un panel composto da imprese italiane (il 58% di piccole e medie dimensioni e il 42% di grandi) operanti principalmente nel settore dei beni di largo consumo e di elettronica di consumo, si deduce invece che il 50% degli intervistati ha confermato di ricorrere ai social media per le azioni di digital marketing e comunicazione della propria azienda: Facebook è la prima scelta per l’85% delle aziende, Youtube per il 63%, Twitter per il 48% e Linkedin per il 27%.



Il che significa, estremizzando un po’ il concetto, che un’impresa italiana su due ricorre a Facebook e simili per le azioni di comunicazione digitale e di marketing e circa il 15% delle imprese li utilizza per attività di recruiting. Bene, benissimo direbbero gli adepti del verbo 2.0. Peccato però che gli investimenti dedicati a questi strumenti equivalgono solo all’1% dei budget di spesa per la comunicazione e l’advertising

Il dubbio circa l’effettiva valenza “business oriented” di Facebook & co. credo sia lecito porselo, ma se leggiamo i messaggi di fondo di questi studi (quello di Regus nello specifico) apprendiamo invece che “il social networking è passato dall’essere un piacevole dettaglio a una vera necessità perché la maggioranza delle aziende italiane (il 72%) e internazionali (il 74%) concordano sul fatto che senza l’attività sui social media le strategie di marketing non avrebbero lo stesso successo”. Presupposto che lascia intendere un’adozione diffusa e generalizzata di questi strumenti, che invece ancora non c’è, anche per i soliti problemi culturali.

Volendo sbilanciarsi in un paragone azzardato si potrebbe dire che i social media e il cloud sono “tecnologie” cui non si può rinunciare ma per implementarle in azienda vanno superati ancora parecchi ostacoli: la reticenza ad abbandonare le tecniche tradizionali nel primo caso, la paura di mettere a repentaglio i dati aziendali nel secondo.


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