16/03/2018 di Redazione

Rumors sulla Web tax: l'Europa pretenderà soldi solo dai “giganti”

Imminente, a detta di Reuters, la proposta di legge Ue per la tassazione delle multinazionali tecnologiche. Riguarderà solo per quelle con fatturato globale superiore ai 750 milioni di euro e non si andrà oltre al 5%.

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La Web tax europea s'ha da fare, ma non sarà troppo penalizzante nei confronti delle multinazionali tecnologiche nate in altri continenti e attive in territorio Ue. Solo i veri colossi, come Apple, Amazon, Google, Microsoft, Facebook, Uber, Aribnb e pochi altri, saranno costretti a devolvere percentuali dei propri fatturati, come dovuta riconoscenza ai mercati europei che li alimentano. L'attesa proposta di legge, caldeggiata da cinque ministri delle finanze europei, tra cui anche Pier Carlo Padoan, sarà probabilmente presentata la settimana prossima. Così sostiene Reuters, e lo sostiene perché in esclusiva ha potuto mettere gli occhi su un testo ancora soggetto a possibili cambiamenti, ma presumibilmente molto vicino alla sua versione finale (se è vero che dovrà essere presentato a giorni, per poi essere valutato e votato dai 28 Paesi membri).

 

A detta dell'agenzia stampa, l'entità della tassazione non sarà compresa fra il 2% e il 6% del fatturato globale del soggetto, bensì fra l'1% e il 5%. La forbe non si restringe, quindi, ma si abbassa di un punto percentuale. Più significativo ancora è il fatto che, se il testo sarà approvato così com'è, la Web tax si applicherà soltanto alle aziende tecnologiche con giro d'affari mondiale superiore ai 750 milioni di euro e giro d'affari europeo superiore a 50 milioni. Resterebbero dunque escluse le imprese di dimensioni più piccole e, chiaramente, anche le startup.

 

Al contrario, secondo Reuters, i legislatori europei avevano in mente i grandi colossi e si fanno esplicitamente i nomi di Uber, Airbnb e Amazon. E chi, come quest'ultima, ha altissimi fatturati ma margini relativamente piccoli risulterà particolarmente penalizzato. La nuova imposta, se approvata, si applicherà certamente anche a Apple, che sul tema delle tasse pagate o non pagate in Europa ha fatto molto parlare di sé per gli “sconti” ricevuti dal fisco irlandese e per la multa da 13 miliardi di euro voluta dall'antitrust Ue. Multa che alla fine della fiera, nonostante le dichiarazioni di innocenza, la Mela pagherà.

 

 

 

 

La proposta prevede che vengano tassati i servizi di advertising digitale, realizzati sia attraverso motori e siti Web (come quelli di Google), sia su piattaforme social (come quelli di Facebook) e anche le attività di chi offre “servizi di intermediazione”, come per esempio quelli di Airbnb e di Uber, nonché i marketplace digitali, come quelli di Amazon ed Apple. In tutti i casi, le imposte saranno riscosse dai singoli Paesi in cui risiedono gli utenti di tali servizi, utenti che contribuiscono a creare valore per le aziende straniere attraverso i propri acquisti ma anche e soprattutto attraverso i propri dati. Non sarà invece tassato chi ha un modello di business simile a quello di Neflix, ovvero vende contenuti digitali senza però usare i dati degli utenti per creare valore.

 

Inutile dire che i diretti interessati non sono felici. Un portavoce dell'Information Technology Industry Council, associazione che rappresenta società tecnologiche statuntensi come Google, Facebook, Amazon, ha dichiarato a Reuters che “tassare il fatturato è una risposta sbagliata ad alcune questioni leggitime, riguardandi la tassazione tranfrontaliera”. Invece di una legge nata da una proposta unilaterale, i colossi statunitensi caldeggerebbero riforme scritte a più mani, coinvolgendo anche l'altra sponda dell'oceano. Difficile che l'Europa sia d'accordo.

 

 

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