30/01/2019 di Redazione

Facebook non riesce a placare la propria fame di dati

L’azienda paga 20 dollari al mese dei volontari per installare un’applicazione in grado di ottenere praticamente tutte le informazioni presenti sullo smartphone. Il software, dopo l’articolo di Techcrunch, è stato rimosso dall’App Store di Apple perché vi

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Facebook starebbe pagando da almeno due anni diversi utenti, di età compresa fra i 13 e i 35 anni, per far utilizzare loro un’applicazione in grado di accedere a tutti i dati dello smartphone e di monitorare l’attività sul Web. Lo scoop è stato inizialmente dato da Techcrunch, che ha spiegato come il social network desse 20 dollari al mese a un nutrito numero di volontari per scaricare sui propri cellulari iOs e Android l’app “Facebook Research”, denominata anche “Project Atlas”. Si tratta di fatto di una Vpn che permette al colosso di Menlo Park di accedere ai telefoni con permessi di root: una pratica assolutamente vietata secondo le policy dell’App Store di Apple e che ricorda molto (anche dal punto di vista del codice) il comportamento di Onavo Protect, un’altra Vpn bannata dal negozio virtuale della Mela l’anno scorso.

Facebook ha spiegato di aver rimosso dallo store di Apple il software, mentre rimane ancora disponibile sulle piattaforme per Android. Contattato da Techcrunch, il social network blu ha confermato l’esistenza del programma, motivandolo con la necessità di capire come le persone utilizzino i propri dispositivi per poter offrire servizi più efficienti.

“Come molte altre società, invitiamo le persone a partecipare a ricerche che ci permettono di capire dove possiamo migliorare”, ha spiegato un portavoce. “Dal momento che questo progetto è nato per aiutare Facebook a comprendere come la gente utilizzi i propri dispositivi mobili, forniamo informazioni esaustive sulla tipologia di dati che raccogliamo e su come è possibile partecipare. Non condividiamo mai quanto raccolto con altre realtà e gli utenti possono uscire in qualsiasi momento”.

È però lecito dubitare che un ragazzino (ma non solo), invogliato dalla paghetta mensile, possa realmente comprendere quello a cui va incontro nel caso dia l’ok a Facebook. Secondo la multinazionale, l’applicazione non violerebbe le policy di Apple, ma a poche ore dalla pubblicazione dell’articolo di Techcrunch, il software è stato rimosso dall’App Store. Difficile, quindi, pensare a una mera coincidenza.

Ma la società californiana ha cercato di rafforzare la propria difesa, sottolineando come il progetto non fosse affatto segreto e come l’applicativo non spiasse le persone. “Chi ha deciso di partecipare ha dovuto sottoporsi a un chiaro processo di on-boarding, in cui si chiedeva il loro permesso. Inoltre, tutti sono stati pagati per partecipare e solo il 5 per cento degli utenti era un teenager, i quali hanno fatto compilare un modulo ai propri genitori”, ha commentato l’azienda.

 

 

Non si può comunque non storcere il naso di fronte alla scelta di non escludere i minori dall’iniziativa. Anche perché, secondo Will Strafach di Guardian Mobile Firewall, “Research” è in grado di accedere praticamente a qualsiasi dato in transito sullo smartphone: messaggi privati, foto e video, email, ricerche Web e attività di browsing, informazioni di geolocalizzazione registrare in qualsiasi software presente sul dispositivo e molto altro.

Lascia inoltre perplessi il tentativo di nascondere il coinvolgimento del social network ricorrendo a tre diverse applicazioni contenenti la Vpn: Betabound, uTest e Applause. Sulla pagina di registrazione di Betabound, per esempio, il nome di Facebook non compare mai. La presenza dietro le quinte del colosso di Menlo Park si intuisce soltanto in fase di installazione del software e solo perché compare la scritta “Facebook Research”.

La morale? La creatura di Mark Zuckerberg, dopo essere stata beccata con le mani nella marmellata l’anno scorso, ha deciso di riprovarci cambiando pelle al progetto. Non a caso, secondo Strafach, i dati raccolti dai dispositivi venivano inviati a server riconducibili all’indirizzo Ip di Onavo, a ulteriore conferma che “Facebook Research” non sia altro che un “Onavo 2”.

Infine, il software viene distribuito con il bollino dell’Enterprise Certificate program di Apple: il certificato, che fra le altre cose prevede l’utilizzo di applicazioni così invasive soltanto all’interno delle aziende, è stato acquistato inizialmente nel 2016 per poi essere rinnovato il 27 giugno 2018, diverse settimane dopo le nuove policy della Mela che vietavano la presenza di app come Onavo Protect sul proprio negozio virtuale.

 

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