Facebook sotto accusa per non aver rimosso materiale illecito
Un’inchiesta del The Times ha accertato che, in molti casi, il social network si è rifiutato di rimuovere contenuti pedopornografici o di matrice terroristica dalla propria piattaforma. Dopo aver palesato la propria identità, il giornalista investigativo è riuscito a convincere i moderatori ad attivarsi per la cancellazione di foto e video.
Pubblicato il 14 aprile 2017 da Redazione

Dopo Youtube è arrivato il turno di Facebook. A fine marzo la piattaforma video di Google è stata accusata di fare profitti, tramite inserzioni pubblicitarie, su filmati inneggianti al terrorismo e all'odio religioso caricati dagli utenti: una mancanza di attenzioni che sarebbe costata 755 milioni di dollari a causa di spot non più confermati dagli inserzionisti. In seguito a un’inchiesta del The Times, ora, è finito nell’occhio del ciclone il social network creato da Mark Zuckerberg. Il quotidiano britannico è infatti arrivato alla conclusione che Facebook si rifiuta di rimuovere contenuti potenzialmente illegali nel Regno Unito, legati alla pedopornografia e di matrice terroristica. L’esperimento è stato condotto da un giornalista del The Times, che si è finto un’altra persona per entrare in gruppi che condividono materiale illegale sul Web.
The Times ha riferito di aver poi segnalato i contenuti al social network, ma nella maggior parte dei casi la risposta è stata che immagini e video non violavano gli standard della comunità. Si trattava però anche di messaggi che elogiavano gli attacchi dell’Isis a Londra, in Cecenia e in Russia. Anche se, dopo essersi effettivamente presentato come giornalista della testata e aver inviato altre richieste di rimozione, Menlo Park ha poi affermato che alcuni cartoni di stampo pedofilo erano stati tolti dalla piattaforma.
“Siamo dispiaciuti per quanto successo, continueremo a lavorare sodo per migliorare”, ha spiegato Justin Osofsky, vice presidente delle operations di Facebook. Il problema però rimane enorme e sembra anche, almeno per il momento, di difficile risoluzione. L’azienda ha introdotto qualche giorno fa un algoritmo di photo-matching per cercare di impedire la condivisione di foto intime sul social.
Altre piattaforme, come Twitter stanno intensificando gli sforzi per bloccare o rimuovere contenuti di propaganda terroristica nel minor tempo possibile. Nel frattempo si stanno muovendo anche i governi dei singoli Paesi. La Germania, ad esempio, ha approvato una prima bozza di legge per multare con un massimo di 50 milioni di euro i social network che non si attivano per cancellare queste tipologie di materiali.
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