23/12/2020 di Redazione

Garante italiano: Tik Tok lede la privacy ed è un rischio per i minori

Il Garante per la protezione dei dati personali critica il funzionamento del social network per la scarsa chiarezza nei termini d’uso, la mancata protezione degli utenti più giovani e lo scarso rispetto della privacy.

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Tik Tok ha un nemico anche in Italia: è il Garante per la privacy. Già fortemente contestata negli Stati Uniti dall’amministrazione Trump (che ha imposto l’obbligo di vendita della filiale americana, pena l’esclusione dal mercato), la piattaforma social più amata dai giovani anche nel nostro Paese non gode della simpatia delle autorità, e nella fattispecie dell’autorità preposta a difendere i dati personali dei cittadini. Lo scorso marzo il Garante per la protezione dei dati personali aveva avviato un’istruttoria e ora, dopo mesi di analisi delle regole e dei meccanismi di funzionamento della piattaforma social, l’autorità ha espresso le proprie riserve senza troppe mezze misure e ha aperto un procedimento formale.

 

“Per quanto sulle problematiche poste da Tik Tok sia in corso un'attività nell'ambito del Comitato che riunisce le Autorità europee, il Garante ha avvertito l'urgenza di aprire comunque un procedimento formale nei confronti del social network a tutela dei minori italiani”, si legge in una nota. A detta del Garante, Tik Tok offre ben poche tutele di riservatezza ai suoi utenti, ma anzi si approfitta dei più distratti con impostazioni predefinite che ne sono l’antitesi della privacy: i profili, salvo diversa indicazione dell’utente, nel momento della registrazione sono visibili a tutti, cioè pubblici. Chi non desidera che il proprio profilo sia pubblico deve esprimere un’indicazione in tal senso. 

 

I meno ingenui direbbero che in fondo essere su Tik Tok è per molti un veicolo di visibilità, che la viralità è l’anima dei social e che tra le giovani generazioni l’aspirazione a diventare influencer (fosse anche “micro-influencer”) va per la maggiore. Nondimeno, l’impostazione del profilo pubblico di default rappresenta una scelta contraria alla normativa sulla protezione dei dati, secondo la quale chi fornisce un servizio digitale dovrebbe presentare sempre impostazioni alternative, favorendo quelle che garantiscono la migliore privacy. 

 

Ma le colpe di Tik Tok non si limitano a questo. In riferimento ai minori, il difetto della piattaforma è quello di non riuscire a tutelare i più piccoli. L’età minima richiesta per potersi iscrivere è di 13 anni ma - come se questo limite non fosse fin troppo generoso - l’ostacolo risulta facilmente aggirabile con un gioco da bambini (è proprio il caso di dirlo): basta dichiarare una data di nascita falsa

 

Tik Tok, inoltre, non si preoccupata di esporre le proprie condizioni d’uso impiegando un linguaggio adeguato e comprensibile al suo target principale, quello dei preadolescenti. L’informativa sui termini del servizio è standardizzata e non è previsto alcun alert che avverta l’utente di eventuali comportamenti rischiosi per la sua privacy.

 

Ora i vertici del social network, proprietà della casa madre ByteDance, hanno trenta giorni di tempo per inviare al Garante le proprie memorie difensive. Nel frattempo è giunta dall’ufficio stampa una dichiarazione in cui si sottolinea che “La massima priorità per Tik Tok è quella di garantire la sicurezza e la privacy dei propri utenti, in particolare di quelli più giovani: stiamo ancora ultimando la verifica delle conclusioni dell'autorità e continuiamo a collaborare con il Garante per fornire informazioni. Tuttavia non concordiamo con una serie di aspetti della loro analisi e sulle conclusioni che sono state delineate. Dal momento che la nostra valutazione è ancora in corso, in questo momento non ci è possibile fornire ulteriori commenti”.

 

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