24/07/2019 di Redazione

Google Maps ha 170 miliardi di immagini e un po’ meno segreti

L’azienda di Mountain View ha svelato alcuni dettagli sul modo in cui lavora al continuo miglioramento delle proprie mappe, sfruttando sia l'intelligenza artificiale sia i contributi "umani".

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Google Maps è in continua evoluzione e, approfittando forse del periodo vacanziero (in cui una mappa digitale risulta particolarmente utile per orientarsi e viaggiare, o per cercare ristorante e attrazioni in zona), l’azienda di Mountain View ha deciso di raccontare al mondo qualcuno dei suoi segreti. Ed è certamente interessante scoprire qualcosa in più su un servizio che si è presentato al mondo ormai 14 anni fa e che da allora non ha mai smesso di trasformarsi e arricchirsi di funzionalità, affiancando all’accesso Web le app per smartphone, aggiungendo riferimenti alle attività locali, recensioni, immagini fotografiche, calcolo degli itinerari, navigazione turn-by-turn e, recentemente, la segnalazione degli autovelox. Ma potremmo andare avanti.

In un blogpost, la società del gruppo Alphabet ha raccontato che le mappe nascono principale da due ingredienti, cioè le immagini satellitari e quelle catturate in giro per il mondo dai veicoli di Street View.  La modalità di “visione dalla strada”, contrapposta a quella dall’alto, ha fatto il suo debutto nel 2007 e in dodici anni ha potuto creare una mappatura di luoghi digitali “esplorabili” sempre più completa, grazie a oltre 170 miliardi di immagini registrate in 87 Paesi del mondo. “Grazie al nostro nuovo trekker”, scrivono a quattro mani Andrew Lookingbill, director of engineering, ed Ethan Russell,

director of product di Google Maps, “equipaggiato con sensori dalla migliore risoluzione e con maggiore apertura, abbiamo aumentato in modo significativo la qualità delle immagini catturate”.

 

I due hanno spiegato, poi, che Maps beneficia del contributo di oltre un migliaio di fonti esterne, sparse un po’ in tutto il mondo e “autorevoli”. Alcune coprono intere nazioni, come la  United States Geological Survey l’Istituto Nazionale di Statistica e Geografia messicano, mentre altre fonti (per esempio enti no-profit) si occupano di regioni o città. Grazie a un recente aggiornamento della piattaforma, gli enti locali possono caricare direttamente in Google Maps dati relativi a nuove strade e indirizzi. 

 

(Foto: Google)

 

Altro importante “ingrediente umano” sono i contributi aggiunti dagli utenti (inclusi quelli riconosciuti come Local Guides) che possono segnalare correzioni da apportare alle mappe attraverso la funzione “Send Feedback”. L’azienda, assicurano Lookingbill e Russel, verifica tutte le informazioni e le pubblica solo se le ritiene “altamente affidabili”. Peccato che, stando a una ricerca fatta dal Wall Street Journal, su Google Maps esistano all’incirca 11 milioni di recapiti di attività commerciali falsi, perché imprecisi o semplicemente inesistenti. A Mountain View però si lavora anche per contrastare questi fenomeni, sfruttando innanzitutto l’intelligenza artificiale per rimuovere le informazioni scorrette ancor prima che vengano pubblicate.

 

Nelle Maps un ruolo importante spetta anche alle tecnologie di apprendimento automatico. Gli algoritmi completano l’opera di inserimento dati “manuale” e “umana”, velocizzando le operazioni di mappatura senza sacrificarne l’accuratezza. Il machine learning permette di ottenere immagini complete sulla base di dati parziali, ma non sempre il risultato è ottimale: è capitato, per esempio, che uno specifico algoritmo producesse immagini mosse dei poligoni visti dall’alto. Il problema è stato risolto adottando un differente algoritmo, opportunamente “allenato” per imparare a  riconoscere l’esatta forma di un edificio. Questa tecnica ha permesso al team di Google di mappare in un solo anno lo stesso numero di edifici per i quali, in precedenza, c’era voluto un decennio.

 

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