Google dovrà escludere
dal suo motore di ricerca un gruppo di siti, oscurandoli nelle ricerche di tutto
il mondo. L'ha deliberato con una sentenza un giudice della Corte Suprema canadese,
nell'ambito di un caso di furto di
proprietà intellettuali e conseguente vendita di prodotti illegali.
Il giudice ha precisato che "Google è un innocente
spettatore, ma è involontariamente complice di persistenti violazioni degli
imputati degli ordini di questa Corte" e non ha voluto sentire ragioni
quando gli avvocati hanno sostenuto che un
giudice canadese non ha l'autorità per ordinare alla statunitense Google di
bloccare l'accesso ai siti web ovunque nel mondo.
La Corte Superema del Canada
Google ricorrerà in appello, ma il punto è che la questione sta
sollevando interrogativi riguardo all'autorità dei giudici di un Paese di esercitare
senza confini il loro potere su Internet. Quali sono le regole che dovrebbero
prevalere nel momento in cui Internet varca i confini nazionali?
Un caso lampante è quello della decisione della Corte di
giustizia dell'Unione europea sul diritto all'oblio. Nel caso specifico
canadese l'azienda Equustek Solutions Inc, che produce e commercializza
dispositivi di rete industriali, ha denunciato un gruppo di ex soci che hanno rubato
segreti commerciali per fabbricare prodotti concorrenti e venderli attraverso
una rete di siti web. Il giudice ha convalidato l'accusa e ha deciso che tali
siti devono essere bloccati.
Tutto corretto, peccato che le implicazioni possibili sono
pressoché infinite. Per capirlo basta prendere da esempio quanto detto dal professor
Michael Geist dell'Università di Ottawa: "non è il caso della sentenza
canadese, ma cosa accadrebbe se una Corte russa imponesse a Google di rimuovere
tutti i contenuti gay e lesbici dalle sue ricerche a livello globale, o se
l'Iran chiedesse il blocco dei siti israeliani?". La questione resta
aperta.