18/05/2017 di Redazione

I sogni del computing quantistico e il salto nel futuro di Ibm

Nei laboratori di Big Blue sono stati messi a punto due nuovi sistemi di calcolo quantistico, basati su 16 e 17 qubit e in grado di risolvere problemi di complessità ingestibile per i classici sistemi di supercomputing.

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Se esistesse un premio Nobel per la ricerca scientifica applicata all'informatica, Ibm sarebbe in lizza per aggiudicarselo. Gli esperimenti di computing quantistico da anni in corso nei laboratori di Big Blue hanno condotto a un nuovo traguardo: la creazione di due sistemi di calcolo basati, rispettivamente, su un volume quantico di 16 e 17 qbits, e dunque notevolmente più avanzati rispetto alla macchina da 5 qbit attualmente in uso nel quartiere generale di Ibm. I protitipi messi a punto (di cui riferisce Engadget) rappresentano il punto di partenza di futuri prodotti commerciali, che sapranno risolvere problemi incredibilmente complessi, maneggiando immense quantità di dati e algoritmi di intelligenza artificiale.

Gli ambiti del computing quantistico sono un po' quelli dell'High Performance Computing: ricerca medica (genetica, innanzitutto) e scientifica, chimica, fisica, astronomia, ma potenzialmente anche questioni riguardanti l'economia e la società. In parole povere, questo approccio applica all'informatica alcuni dei fondamenti della meccanica quantistica, come il principio di indeterminazione, l'entanglement (secondo cui un sistema non può essere descritto se non come sovrapposizione di più sistemi) e la sovrapposizione delle cause e degli effetti.

Al posto del bit, l'unità minima di informazione riconosciuta è il qubit, dotato di proprietà vettoriali e il cui stato (0 o 1) dipende dai principi sopra elencati. Aggiungere qubit indiscriminatamente non rende la macchina più “intelligente”, perché va anche considerata la percentuale di errore dell'elaborazione, e dunque mettendo insieme diversi criteri è stata definita l'unità di misura del “volume quantico”.

Fin dagli anni Ottanta fisici e informatici hanno affrontato sfide teoriche e pratiche del calcolo quantistico, sperimentando materiali diversi per la realizzazione dei processori. Fra le grandi aziende, una protagonista è la canadese D-Wave Systems, che fra i propri clienti annovera Google, ma anche il Mit di Boston e il governo statunitense (tramite la Intelligence Advanced Research Projects Activity, Iarpa) stanno portando avanti investimenti e ricerca. E poi c'è Ibm, che - dopo aver messo a disposizione le proprie scoperte a università ed enti di ricerca, con il progetto Quantum Experience – recentemente ha allargato l'orizzonte con l'iniziativa Ibm Q: da questa nasceranno prodotti commerciali rivolti anche alle aziende.

 

 

Nuvole e sogni collettivi
Oltre che dei propri cervelli, la società di Armonk intende avvalersi di contributi esterni, a suon di algoritmi di machine learning e di Api. Attraverso la Quantum Experience, lo scorso marzo Ibm ha deciso di concedere via cloud l'accesso al propri processore quantistico da 5 qbit: chiunque può, quindi, sfruttarne le capacità di calcolo sul proprio Pc. Per ricercatori, sviluppatori e programmatori è anche disponibile un Software Development Kit su GitHub. Poche persone, invece, stanno attualmente conducendo esperimenti sulla terza generazione a 16 qubit appena messa a punto da Ibm.

Come spiegato da Arvind Krishna, senior vice president e direttore della divisione ricerca di Big Blue, “I sistemi quantistici sono molto diversi dai computer odierni, non solo nell'aspetto e nei materiali, ma soprattutto nelle prestazioni”. Nessuno fra i cinquecento supercomputer più potenti di oggi potrebbe eguagliare in prestazioni un sistema da 50 qubit di volume quantico. Quanto si dovrà aspettare? A detta di Ibm i primi processori quantistici di “talia media”, da 50 o 100 qubit, saranno già una realtà entro una decina d'anni.

 

 

Dalla chimica ai trasporti in città
In campo informatico, piattaforme di calcolo di questo tipo potranno servire a confezionare algoritmi crittografici molto più complessi. Un'altra fra le più importanti dimostrazioni di utilità dell'approccio quantistico, a detta di Ibm, riguarda lo studio delle proprietà chimiche delle molecole, uno studio che può condurre alla definizione di nuovi materiali e nuovi farmaci.

Uscendo dall'ambito scientifico, un'applicazione concreta del calcolo quantistico è l'iniziativa di ottimizzazione del traffico di Volkswagen. L'acquisto di un sistema di D-Wave da 15 milioni di dollari ha permesso alla casa automobilistica di elaborare, su risorse cloud, i dati raccolti dai sistemi Gps di oltre diecimila taxi in servizio a Pechino. Analizzando per sei mesi questa massa di informazioni, i cinque data scientist al lavoro sul progetto hanno confezionato un algoritmo di ottimizzazione dei percorsi, con il quale è possibile calcolare in una frazione di secondo quale sia la strada migliore da compiere per raggiungere, in un dato momento, una data destinazione. Il prossimo esperimento di Volkswagen riguarderà Barcellona: il machine learning, abbinato alle grandi capacità di calcolo del sistema D-Wave, permetterà di prevedere i picchi di traffico e di proporre percorsi alternativi nella movimentata città catalana.

 

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