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Il Giappone ama i robot, sostituiranno un lavoratore su due

Una ricerca del Nomura Research Institute, basata sull’analisi di 600 ruoli professionali, ha previsto che entro vent’anni in Giappone il 49% dei posti di lavoro potrà essere occupato da una macchina dotata di intelligenza artificiale. Già oggi non mancano gli esempi, come i robot di un albergo di Nagasaki.

Pubblicato il 05 dicembre 2015 da Valentina Bernocco

L’invasione dei robot, di fantascientifica memoria, da qui a vent’anni potrà dirsi una realtà compiuta. Specialmente in Giappone, dove non più tardi del 2035 quasi un lavoratore su due, il 49%, sarà tecnicamente “senz’anima”. Questa è la stima tracciata da un’indagine del Nomura Research Institute, una società di ricerca nipponica, che si è avvalsa di corposissimi fondi (2,8 milioni di dollari) e del contributo di un professore dell’Università di Oxford, Michael Osborne, per analizzare circa 600 ruoli professionali e la probabilità che entro vent’anni ciascuno sia preso in carico da un sistema robotico.

Tale probabilità è stata calcolata in base al tipo di compiti svolto, a quanto sia facile automatizzare queste attività e alla presenza o assenza di una componente creativa. Ebbene, il Giappone è risultato il Paese più incline ad accogliere i robot nel mercato del lavoro, poiché “fino al 49% delle occupazioni potranno essere sostituiti da sistemi computerizzati”, scrive Yumi Wakao, il ricercatore responsabile dello studio. Anche per gli Stati Uniti si ipotizza una percentuale alta, il 47%, mentre per il Regno Unito si arriva al 37%.

Previsioni che, come sottolinea Wakao, “sono un semplice calcolo tecnico ipotetico” e che “non prendono in considerazione le variabili sociali”. L’andamento demografico, l’età e il grado di istruzione medi della cittadinanza, il tasso di disoccupazione nazionale sono solo alcuni dei fattori che vengono in mente e che certo peseranno sul futuro scenario lavorativo di un Paese.

 

Il "receptionist-velociraptor" dell'Henn'na Hotel di Nagasaki

 

Ma quali ambiti professionali invaderanno i robot, e quali rimarranno invece pertinenza dei lavoratori in carne e ossa? A detta del Nomura Research Institute, le macchine intelligenti del futuro potranno sostituire benissimo receptionist, fattorini e contadini, mentre resteranno alla larga da professioni implicanti la scrittura, l’insegnamento e la creatività.

Gli esempi stupefacenti, d’altra parte, già oggi non mancano. Oltre al caso notissimo dei droni di Amazon sperimentati negli States, in terra nipponica, a Nagasaki, da qualche mese ha aperto i battenti l’Henn’na Hotel. Un albergo che non solo propone una settantina camere altamente automatizzate (luci e riscaldamento si possono controllare da tablet e per aprire le porte si può usare il riconoscimento facciale), ma ha sostituto ai receptionist un velociraptor robotico. Proprio così: per quanto appaia strano – e comunque motivato dal gusto surreale che permea la cultura giapponese – la macchina regolata dall’intelligenza artificiale ha le precise sembianze di un dinosauro elegantemente abbigliato.

 

Yumeko

 

Nella lobby presenzia invece una hostess umanoide, Yumeko (“ragazza sogno”), incaricata di facilitare le operazioni di check-in, mentre altri assistenti dall’aspetto di un tipico robot metallico si aggirano per l’albergo con il compito di scortare i visitatori alle camere e trasportare i loro bagagli. Dipendenti senz’anima che, una volta superato l’investimento inziale, garantiscono ai gestori dell’hotel un notevole risparmio sul costo del lavoro e a chi prenota tariffe particolarmente vantaggiose.

 

Tag: giappone, lavoro, robot, machine learning, robotica, intelligenza artificiale

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