30/05/2019 di Redazione

La storia del Cenacolo di Leonardo rivive in forma digitale

La Fondazione Cineteca Italiana ha usato due scanner di Epson per digitalizzare oltre mille fotografie d’epoca che illustrano le vicissitudini dell’Ultima Cena dall’Ottocento a oggi.

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Il Cenacolo di Leonardo da Vinci, o Ultima Cena che dir si voglia, grazie alla tecnologia ha trovato una sua forma di immortalità, sfuggendo al logorio del tempo. Uno tra i più incredibili capolavori della storia dell’arte, il dipinto vinciano è anche uno tra i più fragili: la tecnica mista a secco su intonaco scelta dal pittore condannò l’opera, ospitata sulla parete più umida del refettorio del convento di Santa Maria delle Grazie, a un inevitabile e progressivo deterioramento. Il prezioso restauro ventennale, concluso nel 1999, ha riportato in superficie parte dello splendore originario dell’opera, mentre un progetto più recente del Polo Museale Regionale della Lombardia ha fatto ricorso alle tecnologie di imaging - in particolare gli scanner - per consegnare alla memoria futura la storia del Cenacolo, delle sue vicissitudini. Il risultato è la mostra  "L'Ultima Cena per immagini", in corso dal 28 maggio all’8 dicembre al Museo del Cenacolo di Milano, che in decine di stampe digitali racconta una storia travagliata, che va dal bombardamento aereo del 1943 alle grandi campagne di restauro del Novecento.

 

In virtù della propria esperienza in fatto di digitalizzazione di materiale analogico, la è stata scelta dal Polo Museale Regionale della Lombardia per realizzare il lavoro. L’incarico richiesto era quello di digitalizzare in tempi brevi un primo blocco di mille immagini conservate nell’Archivio Fotografico Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Milano: un materiale eterogeneo, prodotto con diverse tecniche di scatto e stampato su supporti di tipo, dimensioni, onsistenza e fragilità differenti. I formati variavano fra il classico 18x24 centimetri e il 40x50 centimetri, mentre fra le tecniche fotografiche c’erano albumine, gelatine ai sali d'argento su carta baritata o politenata e persino aristotipi (le carte al citrato) di fine Ottocento.

 

Per digitalizzare questo materiale servivano, dunque, strumenti digitali capaci di trattare piccoli e grandi formati, di garantire un’esecuzione rapida e, fatto molto importante, di migliorare la qualità del risultato attraverso funzioni di editing automatico. La Fondazione Cineteca Italiana ha utilizzato quindi due scanner di Epson per il formato A3, modello Expression 11000 XL, uno dei quali già in suo possesso e l’altro donato dal vendor proprio per consentire di portare a termine il lavoro in tempi più rapidi. Sono bastate, quindi, cinque settimane per acquisire in forma digitale tutti gli oltre mille originali.

 

 

"Il nostro compito”, racconta Maela Brevi, catalogatrice per Fondazione Cineteca Italiana, “è stato facilitato non solo dall'intuitività e semplicità d'uso degli scanner,  ma anche dalla presenza di varie funzioni che ci hanno permesso di velocizzare il lavoro di acquisizione: dall'anteprima di immagine per valutare il risultato finale, alle opzioni di miglioramento dell'immagine digitalizzata, come l'eliminazione automatica dei graffi e della polvere”.

 

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