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Passaggio al cloud, per le aziende adesso i tempi sono maturi

Quali dinamiche e necessità spingono le aziende italiane ad adottare il cloud? Ne parliamo con Andrea Trivelli, head of business development del Gruppo DGS.

Pubblicato il 11 marzo 2021 da Elena Vaciago

L’evoluzione verso il cloud è un trend che non si ferma, nemmeno in Italia. Quali fattori accelerano questo processo? Come si sono mosse le aziende e perché in certi casi hanno fatto marcia indietro? Abbiamo parlato di questi temi con Andrea Trivelli, head of business development del Gruppo DGS, società che ha impostato da anni un approccio end-to-end per supportare i clienti nella migrazione in cloud.

 

Quali vedete essere, nel mercato italiano, le scelte delle aziende con riferimento all’evoluzione delle infrastrutture IT?

 

Andrea Trivelli: I trend che osserviamo sono legati a molti fattori: da un lato, un tema molto pratico è quello del rinnovo dell’infrastruttura di hosting, che porta a valutare se mantenere le applicazioni on premise oppure cominciare a usare soluzioni cloud-native, accelerando quindi il passaggio a nuovi modelli di business. Poi, c’è il tema delle applicazioni legacy, che hanno problemi di scalabilità, costi e limitazioni di servizio: portarle in cloud è fondamentale per supportare la crescita e la trasformazione del business, renderle più performanti e aperte a un uso dall’esterno. In molti casi la scelta è tra una totale riscrittura per passare da architetture “monolitiche” a quella basate su microservizi oppure rehosting basati su “lift&shift” per poi farle evolvere lentamente verso architetture più moderne.

 

Quanto è veloce questa migrazione al cloud?

 

A.T. Vediamo che i clienti tendono sempre di più ad abbandonare il data center tradizionale on premise: oggi siamo a una quota del 80% abbondante dell’on-prem in Italia. Ma già tra un anno potrebbe essere un 10% in meno o anche più, perché i vari modelli di cloud (private, hybrid e public) indirizzano le varie esigenze, tecniche e non, delle applicazioni, accelerando sempre di più la transizione. Il fatto, però, che ci siano sul mercato contratti pluriennali di outsourcing è motivo di rallentamento, i contratti devono arrivare al loro termine prima di essere smontati e abilitare il cambiamento.

 

Un’altra tendenza è quella dello sbarco in Italia dei public cloud provider…

 

A.T. Azure ha programmato il suo arrivo, Google ha stretto l’accordo con Tim e Intesa Sanpaolo, grandi player italiani puntano al cloud nazionale, e in più abbiamo il progetto del cloud europeo, GaiaX. Del resto, il Cloud Act passato negli Stati Uniti sotto Trump nel 2018 obbligava i provider americani a dare evidenza di tutti i dati dei loro utenti, anche quelli europei, in aperta violazione del Gdpr. Anche da qui l’esigenza di un cloud europeo, e i fornitori globali hanno capito l’importanza di essere locali e indipendenti. 

 

Andrea Trivelli, head of business development del Gruppo DGS

 

Se pensiamo all’adozione del cloud, abbiamo avuto però anche aziende che hanno fatto una retromarcia. Perché è successo?

 

A.T. Abbiamo osservato che soprattutto all’inizio, quando si era meno maturi su questi temi, in molti sono partiti con grandi migrazioni verso il cloud senza calcolarne bene tutte le conseguenze, trovandosi a cose fatte con sistemi che collassavano o che non funzionavano e quindi con la necessità di tornare indietro. È quello che è successo anche con le app cloud native: in molti sono partiti con lo sviluppo a microservizi e l’utilizzo di DevOps, in modo massivo, senza pensare che con le app a regime, usate da numeri importanti di utenti, sarebbe servita un’infrastruttura di base ben orchestrata, automatizzata, scalabile all’occorrenza. Non erano state pensate bene le fondamenta, e i costi di esercizio, invece di diminuire, aumentavano, perché si era portati ad usare il cloud come si faceva con gli ambienti tradizionali (ad esempio le macchine e gli altri servizi erano lasciati accesi anche quando non servivano più). 

L’esperienza però paga sempre: oggi si va in cloud in modo organizzato, consapevole, sapendo come andarci, come gestirlo bene, ci sono sul mercato strumenti per fare analisi e ottenere efficienza che prima non avevamo, molto evoluti e precisi. Anche il tema del lock-in, che in passato poteva essere un problema, oggi invece può essere evitato gestendo il dato in cloud indipendentemente dal provider, potendo spostarlo in autonomia. 

 
Tag: interviste, cloud, canale, migrazione, intervista, cloud migration

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