21/12/2021 di Redazione

Peselli (Verizon): il futuro delle reti sarà as-a-service

Italiano di nascita, ma americano d’adozione, Massimo Peselli occupa oggi il ruolo di senior vice president Global Enterprise in Verizon Business. Lo abbiamo incontrato per ragionare sull’evoluzione tecnologica, ma soprattutto sulla fruizione del networki

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Partito dall’Italia con una carriera in ascesa costruita inizialmente in Telecom Italia, Massimo Peselli lavora da diversi anni in Verizon Business e dal 2013 opera dalla sede centrale di Irvine (California), oggi con il ruolo di senior vice president Global Enterprise. Con lui, abbiamo provato a capire come stia evolvendo il mondo delle reti e delle relative infrastrutture, sotto la spinta dei processi di trasformazione digitale e un ridisegno delle comunicazioni che, in attesa del radicamento del 5Gm ha comunque subito una sterzata generata dagli effetti della pandemia.

Dall’osservatorio della sede centrale di una grande multinazionale, quali sono i cambiamenti concreti in corso e come si differenziano a livello geografico?

La spinta alla trasformazione digitale è comune a tutte le realtà su scala globale. Forse gli americani sono stati un po' più rapidi, rispetto all’Europa, nel reagire soprattutto a quanto generato dalla pandemia. Lì molti progetti erano già partiti e l’adattamento è stato più pronto. Tuttavia, oggi il dinamismo è palpabile ovunque e c’è una percezione diffusa che gli sviluppi passino attraverso la tecnologia, cosa questa che porta i Cio a contatto più stretto con il business.

Come questa macro-evoluzione impatta sull’utilizzo delle reti?

In passato, il disegno delle infrastrutture e l’allocazione dei device sugli utenti avveniva in modo statico. Ora, invece, l’affermazione della logica as-a-service, a cominciare dalle applicazioni, sta cambiando radicalmente lo scenario. La rete è il cloud e la capacità si consuma quando serve, senza dover più essere costretti a fare investimenti di capitale. Per questo, in Verizon Business stiamo spingendo il concetto di network-as-a-service, dove le risorse possono essere acquistate integralmente con canone mensile e sono i provider a doversi attrezzare e non più le aziende-utenti. I manager della tecnologia si possono concentrare su quali applicazioni e sistemi utilizzare per rendere le proprie imprese più efficienti o su come interfacciarsi con fornitori, clienti e dipendenti.

 

Massimo Peselli, senior vice president Global Enterprise di Verizon Business

 

Come vi collocate rispetto ai grandi hyperscaler nel mondo del cloud?

Noi vendiamo l’infrastruttura di rete come un servizio e i grandi player del cloud sono nostri partner. Il nostro network globale è interconnesso con tutti e al cliente è lasciata la scelta di indirizzarsi dove ritiene più conveniente. La rete è per noi il vero elemento unificatore dei processi di trasformazione. Gli investimenti infrastutturali sono fondamentali in questo periodo, per noi con un valore complessivo di 120 miliardi di dollari in tre anni, in direzione delle reti, della fibra e del 5G.

Chi sono, in questo contesto, i vostri clienti di riferimento?

Ci interfacciamo soprattutto con realtà multinazionali e aziende dove è importante disporre di sistemi e applicazioni su scala globale. Il discorso si cala anche sull’Italia, dove operano diverse realtà con questo profilo, ma che hanno base sul territorio.

Ogni anno si rimanda la previsione di piena affermazione del 5G. Qual è la vostra visione?

Una vera ridefinizione dei servizi boadband in wireless si vedrà fra il 2022 e il 2023. Ma sarà concreta e fondata su esigenze importanti. Negli Usa, ancor più che in Europa, molte parti del paese sono ancora servite dal rame e la pandemia ha agito negativamente sulle prestazioni. Nel manufacturing, il 5G si affermerà molto rapidamente, per poi essere seguito da altri settori, come retail, finance e sanità. I progetti ci sono già, per ora su aree territoriali limitate. Al porto di Southampton abbiamo lavorato per sostituire il Wi-Fi e ci siamo riusciti con sole sette antenne per tutta l’area da coprire. Riuscire ad avere un Roi certo rispetto alla connettività di oggi è il punto di partenza corretto.

Come giudica l’Italia dal suo punto d’osservazione?

Certamente, c’è ancora un gap rispetto ad altri paesi, ma ci sono anche asset da sfruttare al meglio. Per esempio, l’infrastruttura in fibra è buona e può essere utilizzata a supporto degli sviluppi wireless. Le risorse rese disponibili dal Pnrr rappresentano una grande opportunità e, in prospettiva, il 5G può servire a ridurre la distanza, se sfruttato come acceleratore dell’attuale connettività.

 

 

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