Privacy, Tim Cook bacchetta le aziende che si "ingozzano" di dati
Il numero uno di Apple si è scagliato contro le società che non rispettano la riservatezza degli utenti e vendono informazioni personali solo per fare cassa. Un riferimento implicito a realtà come Google e Facebook. Ma è proprio Big G a muoversi in queste ore con nuovi strumenti, che permettono di gestire al meglio l’esperienza di ricerca anche su mobile.
Pubblicato il 04 giugno 2015 da Alessandro Andriolo Pagine: 1, 2

“Ingorde”. Così Tim Cook, Ceo di Apple, ha definito tutte quelle società che si “ingozzano” di dati personali degli utenti per rivenderli o utilizzarli durante le campagne di marketing, ricavandone poi lauti guadagni. Secondo gli osservatori più attenti l’obiettivo di questo vero e proprio attacco, scagliato dall’amministratore delegato della Mela in occasione delle premiazioni “Champions of Freedoms” indette dall’organizzazione non profit Electronic Privacy Information Center (Epic), è costituito da due altri colossi del mondo tecnologico: Facebook e Google. In effetti, non è un mistero che queste realtà vivano praticamente dei dati generati dagli iscritti e dagli utilizzatori dei servizi disponibili.
Sia il social network che Big G utilizzano strumenti pubblicitari massivi, sia al loro interno che tramite società esterne, a cui cedono le informazioni per la creazione di campagne e banner ad hoc. Apple, sotto la guida di Cook, vuole quindi essere diversa. E, per liberare il terreno da ogni possibile dubbio, ha deciso di mettere i suoi intenti nero su bianco.
“La vostra fiducia per noi è tutto”, ha scritto il Ceo su una pagina dedicata alla privacy, reperibile sul sito della casa di Cupertino. “È per questo motivo che rispettiamo la vostra riservatezza e la proteggiamo con i sistemi adeguati, basati sia sulla crittografia che su policy interne rigorose”. Secondo il sito statunitense Techcrunch, Cook avrebbe concluso il proprio discorso dal palco dell’Epic rimarcando i concetti con una frase lapidaria: “Apple non vuole i vostri dati”.
C’è da crederci? Tim Cook ha da sempre a cuore temi come la privacy, le libertà civili e i sistemi di crittografia e ha speso in questi anni molte energie per rassicurare gli utenti della Mela. Come per molti altri settori, la filosofia di Apple è “essere differenti” e posizionarsi apparentemente al di fuori della cerchia dominante. Ma il dubbio di fondo rimane. “Siamo ancora in attesa di evidenze verificabili di quanto affermato”, ha sottolineato Richard Tynan di Privacy International. “E questo vale per tutti i comparti in cui Apple è presente: hardware, software e servizi online”.
Al pari di Google, Facebook e di altri giganti, anche la casa di Cupertino non disdegna infatti la pubblicità. Per esempio, iAd è un tool che permette agli inserzionisti di produrre contenuti mirati in base ai comportamenti e alle preferenze delle persone su iPhone, iPad e Apple Tv. Inoltre, gli utenti di iTunes Radio possono trovarsi spot e inserti realizzati ad hoc dai pubblicitari semplicemente incrociando indirizzi email, numeri di telefono e altri frammenti di informazioni.
Ma, a sentire Cook, i comportamenti della Mela sarebbero del tutto trasparenti. “Nella Silicon Valley alcune tra le più importanti compagnie al mondo hanno costruito i loro affari inducendo un falso senso di sicurezza negli utenti, su temi come la privacy e la protezione dei dati personali”, ha aggiunto il Ceo durante il suo intervento. “Assimilano tutto il possibile e provano costantemente a monetizzarlo, soprattutto con i servizi definiti ‘gratuiti’. Un comportamento che giudichiamo molto sbagliato: Apple non vuol essere quel tipo di società”.
L’altro aspetto cruciale della vicenda è la protezione intrinseca delle informazioni. Non basta rifiutarsi di cedere dati a compagnie pubblicitarie per essere giudicati affidabili: è necessario implementare anche tecnologie all’avanguardia. E qui Cook ha puntato il dito direttamente contro i piani alti della politica statunitense. “Le nostra libertà civili sono costantemente sotto attacco anche da un altro punto di vista”, ha commentato il boss della Mela, infervorando il pubblico. “È la questione della crittografia. Alcuni personaggi dalle parti di Washington sperano di indebolire le possibilità dei cittadini di proteggere i propri dati. Pensiamo sia un atteggiamento pericoloso e continueremo a implementare strumenti di crittografia avanzata nei nostri prodotti. Perché i contenuti delle vostre conversazioni non ci interessano affatto”.
Tim Cook durante il suo discorso sul palco dell'Electronic Privacy Information Center
L’attacco di Cook non è arrivato per caso. Il Dipartimento statunitense per la sicurezza interna ha infatti avviato una dura campagna contro quella che è stata definita “pervasive encryption”, vista come uno dei tanti modi sfruttabili dai terroristi per proteggere scambi illegali di messaggi e di dati. In effetti, tutte le informazioni contenute nei dispositivi con iOs 8 sono coperte da chiavi di sicurezza che solo l’utente può conoscere: non sono quindi accessibili nemmeno da Apple, come dichiarato dalla compagnia sulla pagina Web dedicata. Su questo punto Cook è sembrato irremovibile. Stando ai dati dichiarati dalla stessa Apple, infatti, solo lo 0,004% degli utenti si è visto consegnare informazioni private ad agenzie governative, a causa di indagini di polizia.
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- Pagina 1. Privacy, Tim Cook bacchetta le aziende che si "ingozzano" di dati
- Pagina 2. Google tenta la strada della trasparenza
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