30/11/2020 di Redazione

Pure Storage aumenta il peso della componente as-a-Service

Seguendo un orientamento ormai chiaro del mercato, il vendor ha strutturato meglio la propria proposta a consumo, con diversi livelli di servizio e maggior granularità. San e Nas installabili nei data center saranno commercializzati come le loro versioni

Un numero crescente di fornitori storage (Dell Emc, Hpe, NetApp, Lenovo) sta puntando su offerte basate sul consumo di risorse It in modalità as-a-Service. Pure Storage è stata un po'’ una pioniera in questo contesto, con il programma Evergreen, evoluto lo scorso anno nella proposizione Pure as-a-Service: “I clienti possono sottoscrivere un abbonamento su dodici mesi per risorse di storage basate su tecnologia Flash tramite partner o cloud provider come Amazon e Aws”, spiega Umberto Galtarossa, channel technical manager di Pure Storage Italia. “Si paga solo ciò che si consuma e così si adattano le capacità in base alle necessità del momento, con la massima flessibilità”.

L’ultima evoluzione dell’offerta porta a strutturare il catalogo dell’offerta su sei nuovi livelli, quattro dei quali per lo storage a blocchi, uno per l’object e uno per il file. Questi livelli sono declinati in quattro versioni: Ultra si indirizza alle applicazioni ad alto consumo (come Sap S4Hana, per intenderci), Premium guarda ai workload di Vdi e virtualizzazione, Performance si rivolge a database e container, mentre Capacity riguarda soprattutto IoT e snapshot. Per object e file storage sono disponibili solo le prime due proposte.

I prodotti fatturabili mensilmente in base alla capacità utilizzata potranno essere unità Pure virtuali su Azure o Aws, così come fisiche installate on-site. Per le aziende, sarà possibile accedere a un portale che, basandosi sullo strumento di monitoraggio Pure1, può calcolare come le necessità di storage potranno evolvere a breve o medio termine: “Sarà più facile programmare i costi su un determinato lasso di tempo”, sottolinea Galtarossa. “Non deve stupire la possibilità di poter sfruttare un’offerta a consumo anche per unità installate on-premise, perché le aziende vogliono avere più controllo sull’infrastruttura, quando invece il cloud pubblico viene usato perlopiù per applicazioni verticali”.

Umberto Galtarossa, channel technical manager di Pure Storage Italia

La scelta di Pure Storage appare una conseguenza diretta della tendenza generale del mercato. Gli ultimi risultati finanziari, d’altra parte, parlano chiaro, con un aumento del 29,5% anno su anno degli ordini basati su pagamenti mensili e un peso salito a un terzo delle vendite complessive. Il particolare 2020 che abbiamo vissuto ha rimarcato come non ci sia al momento troppo spazio per grandi progetti infrastrutturali, mentre rimane l’interesse per soluzioni che si adattano alle attuali capacità di spesa.

Per diffondere il nuovo catalogo di servizi, Pure Storage fa affidamento soprattutto sul proprio ecosistema di partner Msp: “I partner sanno che devono puntare sui servizi a valore aggiunto”, conferma Galtarossa. “Il cloud ibrido apre nuovi spazi, poiché se non si può più ricavare margine dalla componente di installazione e setup, si può lavorare su aspetti come l’analisi delle performance o l’assessment sulle applicazioni con stima dei costi e altro”.

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