Tecnologie e opportunità da cogliere per la scuola digitale
Per la trasformazione di scuole e università italiane servono le risorse del Pnrr ma anche le giuste soluzioni digitali e l’intermediazione del canale. Un roadshow di Esprinet.
Pubblicato il 18 settembre 2023 da Redazione

Una scuola digitale, che si trasforma con la didattica a distanza e con soluzioni che rendono più moderno ed efficace lo studio e l’insegnamento, a casa e in aula: il settore dell’istruzione italiano sta cercando di andare in questa direzione, anche sfruttando i fondi del Pnrr. Gli ostacoli non mancano, a partire dalle tradizionali difficoltà di finanziamento e coordinamento del settore pubblico. Ma se i giovani sono il futuro della società, allora il digitale è il futuro della scuola, quella privata così come quella pubblica.
Pnrr e scuola digitale
Per la Missione 4 del Pnrr, dedicata al mondo dell’istruzione, sono sul piatto 30,88 miliardi di euro. Per il potenziamento dell'offerta dei servizi di istruzione, ovvero la Componente 1 della Missione 4, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza prevede uno stanziamento di circa 20 miliardi di euro, sui circa 750 miliardi di euro totali del Pnrr. L’obiettivo generale è quello di colmare o ridurre in misura rilevante le carenze strutturali in tutti i gradi del sistema scolastico, dagli asili nido alle università, con nove progetti di riforma e 14 investimenti.
Quattro le aree in cui si articola la componente 1 della Missione 4:
- il miglioramento qualitativo e quantitativo dei servizi di istruzione e formazione;
- il miglioramento dei processi di reclutamento e formazione degli insegnanti;
- l’ampliamento delle competenze e il potenziamento delle infrastrutture;
-
la riforma e il potenziamento dei dottorati.
Il digitale è un elemento trasversale a tutte queste aree ma entra in gioco soprattutto nella formazione degli insegnanti (che devono imparare a utilizzare le tecnologie informatiche e anche a comprenderne la portata sulle nuove generazioni), nel miglioramento delle infrastrutture (uno degli investimenti è dedicato a creare circa 100mila nuove aule didattiche e laboratori per la “scuola 4.0”) e nello sviluppo di nuovi linguaggi e competenze (con investimenti tesi ad alimentare le competenze Stem e a introdurre corsi di coding obbligatori nel ciclo di studi).
La Componente 2 della Missione 4 riguarda, invece, i rapporti tra mondo della ricerca e imprese e ha uno stanziamento di circa 6 miliardi di euro. Tre gli obiettivi principali:
- rafforzare le attività di ricerca e favorire la diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata, basati sulla sinergia tra università, enti di ricerca e soggetti pubblici o privati;
- supportare i processi di innovazione e il trasferimento tecnologico;
- potenziare le infrastrutture di ricerca, il capitale e le competenze che favoriscono l’innovazione.
Le risorse del Pnrr per l’Università e la ricerca
Non tutte le misure della Missione 4 si occupano di digitale. Il Pnrr, per esempio, prevede 960 milioni di euro per realizzare 60mila posti letto per studenti universitari entro il 2026, e altre risorse sono destinate ad attivare partenariati e finanziare dottorati e progetti di ricerca. Tuttavia, indubbiamente l’aggiornamento tecnologico degli atenei è un passaggio fondamentale per la competitività del sistema universitario italiano.
Considerando l’eccellenza italica in alcuni ambiti del sapere, umanistico, tecnico e scientifico (architettura, design, scienze dell’alimentazione, belle arti), offrire strumenti di didattica digitale potenzia l’attrattività degli atenei nostrani nei confronti di studenti stranieri. Più in generale, per le future matricole che risiederanno fuori sede, il blended learning (programmi che integrano didattica ed esami in presenza e a distanza) è attrattivo perché consente modalità di frequenza e di organizzazione dello studio flessibili, che non costringono a quotidiane trasferte. Non va poi dimenticato che il digitale applicato ai processi di backoffice è il principale strumento per la semplificazione della burocrazia, tradizionale “fardello” non solo per la Pubblica Amministrazione ma anche per il sistema universitario italiano.
I cinque “campioni nazionali” nati con il Pnrr
Grazie al Pnrr e a cinque bandi specifici sono stati creati anche altrettanti “campioni nazionali”, ovvero centri di ricerca e sviluppo di eccellenza, strutturati come reti di università (statali e private), enti pubblici di ricerca, imprese e altri soggetti pubblici e privati. Ciascun centro si colloca in un ambito di competenza:
- simulazioni, analisi dati, calcolo ad alte prestazioni e quantistico;
- agritech (tecnologie per l’agricoltura):
- sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA:
- mobilità sostenibile;
-
biodiversità.
Ogni “campione nazionale” ha una struttura organizzativa di tipo hub&spoke, con un soggetto deputato alla gestione e al coordinamento (hub) e altri che portano avanti le attività di ricerca e innovazione in ambiti specifici (spoke). Dai lavori di ricerca dovranno nascere iniziative imprenditoriali, startup e spin-off di ricerca.
Nell’area più strettamente connessa alle nuove frontiere dell’informatica, da un bando di circa 320 milioni di euro è nato il Centro Nazionale di Ricerca in High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing (Icsc), che ha quartier generale nel Tecnopolo di Bologna ed è composto da 51 membri fondatori. Le sue dieci spoke sono dedicate a: supercalcolo e Big Data; ricerca fondamentale e space economy; astrofisica e osservazione del cosmo; studio della Terra e del clima; disastri ambientali e naturali; applicazioni ingegneristiche e modellazione multi-scala; scienza dei materiali e delle molecole; medicina In Silico e dati omici; società digitale e smart city; calcolo quantistico.
Il “campione nazionale” dell’agritech è invece il Centro Nazionale di Ricerca per le Tecnologie dell’Agricoltura, anch’esso nato da un bando di circa 320 milioni di euro e compartecipato da 28 atenei, cinque centri di ricerca e 18 imprese. Porterà avanti nove spoke finalizzate a cinque obiettivi: promuovere una produzione sostenibile e resiliente al cambiamento climatico; ridurre l’impatto ambientale e gli sprechi del settore agricolo; favorire l’economia circolare; sostenere la ripresa e lo sviluppo delle aree marginali; promuovere la sicurezza e la tracciabilità lungo la catena dell’agroalimentare e dell’allevamento.
Per tutto questo serviranno, tra le altre cose, alcune tecnologie abilitanti (Key Enabling Technologies), che dovranno essere definite e applicate nel modo migliore. Ne citiamo alcune:
- sensoristica, dispositivi e connettività Internet of Things per la raccolta di dati su condizioni del suolo, produzione, parametri ambientali, qualità, ecc.;
- software di analytics applicati alla produzione agricola (per massimizzare la resa e ridurre l’uso di pesticidi, fertilizzanti o acqua);
- software di analytics e di intelligenza artificiale per le previsioni meteo o lo studio dei cambiamenti climatici;
- software di gestione dei dati e dei processi, applicati per esempio all’allevamento e all’economia circolare;
- blockchain per la tracciabilità e le certificazioni di qualità o di origine;
-
piattaforme per la gestione dei dati e dei metadati dell’agricoltura.
Si tratta solo di esempi, ma in tutti i casi la raccolta dei dati e la capacità di interpretarli saranno la base di partenza per tutti gli obiettivi di trasformazione dell’agricoltura in direzione della sostenibilità.
Scuola digitale è anche relazione e inclusione
La trasformazione digitale della scuola riguarda, ovviamente, la didattica a distanza di cui tanto si è parlato nei momenti più critici della pandemia: la DAD, come abbiamo imparato a conoscerla, è stata non solo il salvagente che ha permesso al sistema scolastico di preservare la continuità del servizio, ma anche un’ancora per i rapporti umani e le relazioni in un momento di grande incertezza e confusione.
L’eredità della crisi pandemica è la consapevolezza del potere del digitale come strumento utile a studenti, insegnanti e istituzioni. Se è vero che le università telematiche esistono da tempo, è stato solo dopo i lockdown del 2020 che molti atenei “tradizionali” hanno compiuto passi avanti sul digitale, rompendo anche qualche tabù. Oggi diverse università propongono un’offerta mista di didattica in presenza e a distanza, ribattezzata blended learning, e anche in altri gradi scolastici andrebbe sposata questa idea della “miscela” tra due elementi che restano distinti ma si armonizzano uno con l’altro.
Il digitale non annulla la relazione faccia a faccia fra docenti e studenti bensì la integra e la potenzia, offrendo a entrambe le parti nuovi strumenti che supportano sia la didattica sia studio. Inoltre il digitale è non solo il pilastro della DAD ma è anche utile per la didattica in presenza, nelle aule e nei laboratori.
Quando si parla di trasformazione digitale, e specie in ambito scolastico, un tema critico è l’inclusione. Per vocazione la scuola dev’essere inclusiva e quindi l’adozione di tecnologie informatiche e applicazioni deve favorire tutti, senza creare digital divide o discriminazioni sulla base del reddito, della geografia, delle caratteristiche individuali degli studenti (pensiamo agli alunni con bisogni educativi speciali). Dunque servono naturalmente le infrastrutture di base, cioè le reti e i punti d’accesso, ma anche dispositivi e software progettati secondo principi di accessibilità e di personalizzazione.
A tal proposito, l’intelligenza artificiale rappresenta una potente risorsa per l’apprendimento adattivo (adaptive learning), un metodo di insegnamento che considera le esigenze e potenzialità del singolo studente. Sebbene la teoria dell’apprendimento adattivo risalga agli anni Settanta, è solo oggi, con la crescente digitalizzazione e con più recenti sviluppi dell’AI, che è diventato possibile analizzare e mappare in modo preciso le esperienze degli studenti, per poter quindi offrire una formazione davvero personalizzata.
Tecnologie per una scuola digitale
Anche scuole e università, come qualsiasi azienda di qualsiasi settore, utilizzano tecnologie di produttività basilari, come posta elettronica, editor di testo, fogli di calcolo, servizi di archiviazione e file sharing in cloud, browser per la navigazione in Rete e servizi di hosting per siti Web. Ma esistono anche delle tecnologie informatiche specifiche per la scuola digitale: sono quelle che fanno fare il salto di qualità in termini di efficienza, produttività, efficacia, personalizzazione e anche piacevolezza della didattica. Possono aumentare il coinvolgimento degli studenti e anche agire in direzione dell’inclusione.
Vediamo le principali.
- Dispositivi personali come Pc e tablet: permettono la lettura, la ricerca di informazioni, l’elaborazione di testi e di contenuti creativi, la collaborazione a distanza tra studenti e insegnanti. Non si sostituiscono ai libri e ai quaderni, ma offrono uno strumento alternativo particolarmente efficace per alcune attività.
- Lavagne interattive, digital whiteboard o smart display: in aula o nei laboratori scolastici, rendono più interessanti le lezioni o i seminari, trasmettendo contenuti multimediali direttamente da un laptop collegato; inoltre permettono la collaborazione sia in presenza (con la suddivisione dello schermo, più persone possono scriverci sopra) sia nelle attività in DAD; contengono di solito app preinstallate, con possibilità di integrazione con gli applicativi aziendali più diffusi.
- Connessioni Wi-Fi e reti private 4G/5G: queste infrastrutture di rete devono garantire una connessione a banda larga stabile, ma anche sicura rispetto a cyberattacchi e violazioni di privacy.
- Piattaforme software Ucc (Unified Communication and Collaboration): così come nelle aziende permettono la comunicazione e collaborazione a distanza, similmente nella scuola veicolano le lezioni video a distanza, integrando funzionalità di chat, alzata di mano, condivisione dello schermo, condivisione di link, chiamate audio, registrazione e trascrizione.
- Applicazioni o servizi cloud per la gestione della didattica e delle classi (course management system): permettono ai docenti di distribuire e condividere materiale didattico, di assegnare e valutare i compiti, di archiviare le lezioni, di inviare comunicazioni di servizio agli studenti. Prevedono funzioni e interfacce diverse per docenti, studenti e amministratori.
- Applicazioni e sistemi di realtà aumentata, realtà virtuale, digital twin: utili specialmente in alcuni indirizzi di studio (come materie tecniche, architettura, ingegneria, medicina) per simulazioni, progettazione ed esperienze immersive e interattive.
- Applicazioni di learning analytics e/o di adaptive learning: permettono al personale docente e ai dirigenti scolastici di analizzare le statistiche, i voti e i progressi degli studenti, ma anche di raccogliere feedback dagli studenti stessi. Le piattaforme esistenti sul mercato differiscono per funzionalità (alcune sono più focalizzate sull’interazione, altre sul monitoraggio dei risultati o sull’uso dell’intelligenza artificiale), tuttavia il principio di fondo è sempre quello di adattare l’insegnamento al singolo studente, assecondando le inclinazioni e i punti di forza di ciascuno.
Il ruolo del canale per la digitalizzazione della scuola
Questa panoramica non esaustiva mostra come una scuola più digitale sia una scuola moderna, efficiente, che favorisce lo studio e la didattica, rispettando e valorizzando le diversità. Per tutto questo servono visione strategica, coordinamento tra le istituzioni e disponibilità di risorse da investire, come quelle stanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr). Ma servono anche, prima di tutto, le giuste tecnologie. Infrastrutture di rete, dispositivi hardware, applicazioni, servizi, piattaforme per lo scambio di dati sono gli ingredienti di base per la trasformazione dell’istruzione primaria, secondaria e universitaria in Italia.
Molti vendor tecnologici affermati nel mondo enterprise e consumer vantano anche proposte specifiche per il settore dell’istruzione. Va detto anche che tra i vendor e gli istituti scolastici è spesso necessaria l’intermediazione di un system integrator o di una società di servizi IT che possa consigliare, orientare e calare la soluzione nel singolo contesto, integrando il nuovo con l’esistente e preservando gli investimenti già compiuti.
Per scoprire le più interessanti tecnologie per la scuola digitale disponibili sul mercato e più in generale le opportunità legate al Pnrr anche in ambito infrastrutture, cybersicurezza e sanità, Esprinet invita i partner del canale Ict (system integrator, dealer, Msp, Mssp, Var, rivenditori) il prossimo 5 ottobre a Padova per l’Esprinet Tour, un evento gratuito, dedicato al tema “Il Pnrr per la transizione digitale del Paese e dei territori” e organizzato in collaborazione con The Innovation Group.
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