02/03/2023 di Redazione

Transizione energetica, il gap tra buone intenzioni e fatti

Il passaggio alle fonti rinnovabili è tra i pensieri di molte aziende, ma poche si stanno già adoperando. Il punto di vista di Eaton.

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Il tema dell’energia è più che attuale che mai, date la crisi geopolitica in corsa e le oscillazioni di prezzo che continuano a gettare instabilità sui mercati di gas e benzina. Un recente studio  (“The Intersection of Digital Transformation and the Energy Transition”) condotto da S&P Global Market Intelligence per conto di Eaton, società di prodotti e servizi per la gestione energetica, ha svelato che esiste una notevole distanza tra il “dire” e il “fare”. Su un campione di un migliaio di aziende residenti in Nord America, Europa e Medio Oriente, il 77% dichiara tra i propri obiettivi una maggiore adozione di fonti rinnovabili, ma solo una su due ha già messo in atto le strategie di digitalizzazione necessarie a tal fine. La contraddizione è ancor più marcata in Italia, come ci ha raccontato Alessio Nava, country leader di Eaton.

 

La transizione energetica preoccupa le nostre aziende?

 

Per certi versi siamo più avanti di altri Paesi. In Italia ben l’80% delle aziende intervistate nel nostro sondaggio si pone l’obiettivo di passare a fonti energetiche diverse da quelle attuali, ma solo il 44% ha intrapreso tale percorso. Negli ultimi anni, tra pandemia e crisi geopolitica, la sensibilità sui temi ambientali è cresciuta, sia a livello governativo sia nelle imprese. C’è una fortissima volontà di trasformare le fonti energetiche di approvvigionamento in tutti i nostri principali segmenti di mercato, cioè edifici, data center, industria e utility. 

 

Ci sono differenze significative tra un settore e l’altro?

 

Una quota tra il 30% al 40% dei consumi energetici mondiali dipende dagli edifici e in questo mondo, in particolare, l’ottimizzazione dell’energia gioca un ruolo fondamentale. In Italia il 72% degli intervistati si avvale già di sistemi di monitoraggio ambientale, verifica qualità dell’area, gestione dell’acqua e simili, ma tra i clienti (chi affitta o acquista un edificio smart) manca ancora un po’ di sensibilità sui vantaggi. Nell’industria lo scenario è un po’ diverso: le aziende stanno concentrando le iniziative di digitalizzazione sull’ottimizzazione dei processi e sulla riduzione dei rischi, più che sulla transizione energetica. Il settore è un po’ in ritardo su questo, anche a causa della mancanza di personale specializzato. Nelle utility, invece, ci sono enormi cambiamenti in atto grazie alle rinnovabili e pensiamo per esempio alla mobilità elettrica, che comporterà lo sviluppo di nuovi modelli di business (per esempio, servizi per la gestione dei sistemi di ricarica delle auto). Nell'ambito dei data center, notoriamente molto energivoro, la digitalizzazione è stata già abbracciata da diverso tempo e gli operatori puntano all’ottimizzazione delle operations. Prevediamo un sempre maggior utilizzo delle fonti rinnovabili e un miglioramento nell' accumulo dell’energia. Specialmente gli operatori di data center hyperscaler avranno possibilità di monetizzazione sulla rivendita dell’energia.

 

E per quanto riguarda i data center interni alle aziende?

 

La sostenibilità può essere un motore di cambiamento anche per loro. Esiste una sempre maggiore esigenza di digitalizzazione, che porta le aziende a incrementare le capacità di calcolo e storage del proprio data center. Questo processo è inarrestabile, perché la necessità di raccogliere ed elaborare dati crescerà sempre di più. Si dovrà quindi cercare un bilanciamento tra le esigenze di performance e di ottimizzazione energetica.

 

 

Alessio Nava,  country leader di Eaton

 

 

A livello di sistema-Paese, che cosa servirebbe per accelerare la transizione energetica?

 

Esiste da un lato una questione culturale, che però negli ultimi anni si è evoluta in meglio. Dall’altro lato c’è una disponibilità ancora ridotta di infrastrutture di supporto, e a mo’ di esempio cito ancora il passaggio alle automobili elettriche, che richiede una rete di punti di ricarica. Il successo della transizione digitale passa dalla forte collaborazione tra i governi e il tessuto industriale del Paese. Dipenderà, quindi, anche dalla misura in cui la politica cercherà di favorire gli investimenti industriali. Servirà poi un cambio di paradigma: un’azienda va concepita non solo come un consumatore di energia ma anche come un’entità in grado di produrla. L’energia andrà gestita in modo flessibile e a livello sempre più localizzato, con software specifici capaci di monitorare e gestire i flussi, dal punto di produzione a quello di consumo.

 

Qual è l’approccio di Eaton rispetto a questi temi?

 

Ci sentiamo direttamente coinvolti nella costruzione di un futuro sostenibile. Uno dei nostri obiettivi è garantire la disponibilità dell’energia non solo per i nostri clienti, ma per tutti. Nella nostra attività ci sforziamo di ridurre le emissioni e nella progettazione dei prodotti teniamo conto delle materie prime e del ciclo di vita dei prodotti stessi. Ci siamo fissati obiettivi al 2030, tra cui la riduzione del 50% delle emissioni della CO2 prodotta dalle nostre attività industriali, la riduzione del 15% delle emissioni della catena del valore e, nei nostri siti produttivi, l’azzeramento degli scarti diretti alle discariche e della dispersione di acqua.

 

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