17/01/2022 di Redazione

Uk, causa miliardaria contro Facebook per violata privacy

Una nuova class action accusa Meta di aver imposto termini d’uso poco chiari per ottenere i dati personali di 44 milioni di utenti britannici.

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Nuovi problemi in forma di class action per Meta: attraverso Facebook avrebbe abusato della propria posizione dominante nel campo dei social network e violato la privacy di 44 milioni di utenti britannici. Così sostengono i consumatori che in Regno Unito hanno avviato un’azione legale, chiedendo un risarcimento da 2,3 miliardi di sterline (più di 2,75 miliardi di euro, al cambio attuale). Il caso è stato presentato da Liza Lovdahl Gormsen, ricercatrice e direttrice del Forum sulla Legge sulla Concorrenza del  British Institute of International and Comparative Law, nonché consulente per diverse associazioni che si occupano di tutelare le leggi del libero mercato.

La causa presentata da Lovdahl Gormsen si basa sugli ingiusti termini d’uso e condizioni che Facebook avrebbe imposto agli utenti in modo da ottenere dati personali monetizzabili. Niente di nuovo per il social network di Mark Zuckerberg, che già in passato ha attraversato scandali relativi a un po’ troppo “disinvolto” utilizzo dei dati degli utenti, a partire dal famigerato caso di Cambridge Analytica.


Maggiori dettagli emergeranno con l’apertura formale della class action, che pare imminente. Nel frattempo sappiamo, secondo quanto riportato da Reuters, che la piattaforma social avrebbe guadagnato “milioni di sterline” imponendo termini d’uso non corretti, pretendendo la cessione di dati personali in cambio della possibilità di accesso a Facebook. L’azienda di Zuckerberg ha sempre sostenuto di lasciare agli utenti il pieno controllo su ciò che pubblicano e condividono, ma Lovdahl Gormsen non è dello stesso parere.

Un esempio di abuso citato è Facebook Pixel, uno strumento per la misurazione statistica dei risultati delle campagne pubblicitarie: il suo meccanismo di funzionamento consentirebbe a Meta di ottenere una visione completa di ciò che fa l’utente, non soltanto su Facebook ma in generale sul Web. “Nei diciassette anni dalla sua creazione, Facebook è diventato in Regno Unito l’unico social network in cui potersi collegare con amici e familiari in un unico luogo”, ha dichiarato Lovdahl Gornsen. “Tuttavia c’è un lato oscuro di Facebook: ha abusato della propria posizione dominante per imporre termini e condizioni non corrette su cittadini britannici, ottenendo il potere di sfruttare i loro dati personali”.

Intanto, dall’altra parte dell’Oceano Atlantico, sono emersi nuovi dettagli sull’azione legale avviata a fine 2020 contro Facebook e Google da dieci stati federali Usa, capeggiati dal Texas. L’accusa rivolta ai due colossi è quella di aver fatto cartello e compiuto azioni “false, ingannevoli o fuorvianti", a partire dal 2018, per affermarsi ancora di più nel campo della pubblicità online a discapito della concorrenza. In parole semplici, ci sarebbe un accordo segreto che ha avvantaggiato Facebook nelle aste per l’advertising online sulla piattaforma di Google.

Da documenti visionati dal Wall Street Journal e da Politico si scopre, ora, che gli stessi amministratori delegati Mark Zuckerberg e Sundar Pichai erano a conoscenza dei fatti. Avrebbero, anzi, sottoscritto essi stessi l’accordo. In precedenza era già emerso il nome di Sheryl Sandberg, direttrice operativa di Facebook, che pare aver avuto un ruolo chiave nelle negoziazioni tra le due aziende. Un portavoce di Google ha fatto sapere che le dichiarazioni contenute nella causa leale sono “inaccurate” e che l’azienda presenterà ricorso.

 

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