Vaccinio covid, hacker nordcoreani attaccano AstraZeneca
Presentandosi con false offerte di lavoro su WhatsApp e LinkedIn, gli autori dell’attacco hanno cercato di entrare nei database della società biofarmaceutica.
Pubblicato il 27 novembre 2020 da Redazione

AstraZeneca crede, con il suo vaccino, di poter sconfiggere il covid-19, ma per ora il suo problema più immediato è rappresentato dagli hacker. La società di biofarmaceutica con sede a Cambridge nelle scorse settimane è stata colpita da tentativi di intrusione informatica compiuti, pare, da hacker nordcoreani. Così ha riferito Reuters, spiegando che gli autori dell’attacco hanno cercato di trarre in inganno alcuni dipendenti di AstraZeneca, contattandoli tramite LinkedIn e Whatsapp e spacciandosi per reclutatori in cerca di candidati per posizioni lavorative aperte.
Una volta ottenuti i contatti dei dipendenti, hanno inviato documenti che contenevano codice malevolo, capace di dare accesso da remoto al computer della vittima. I dettagli scarseggiano, trattandosi di indiscrezioni di due fonti confidenziali, che hanno chiesto di restare anonime. A detta di una di queste persone, l’operazione ha preso di mira un ampio ventaglio di utenti, tra le quali anche ricercatori impegnati nella messa a punto del vaccino per il covid-19.
Gli hacker dunque erano a caccia di informazioni relative alla sperimentazione del farmaco, ma anche alla supply chain dei diversi fornitori e clienti di AstraZeneca. Si ritiene, spiega Reuters, che i tentativi di attacco non siano andati a segno: dunque i segreti del vaccino sviluppato dalla società in collaborazione con l’Università di Oxford sarebbero per il momento al sicuro. Ma episodi come questo sono già accaduti ed è probabile che si ripetano.
La scorsa estate la National Security Agency statunitense aveva puntato il dito verso il Mosca, sospettando legami tra autorità statali russi e criminali informatici assoldati per fare spionaggio industriale. In particolare, gli hacker avrebbero preso di mira organizzazioni statunitensi, canadesi e britanniche per carpire dai loro dipendenti password e altre credenziali, utili per accedere a documenti riservati sulle ricerche farmacologiche in corso.
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