L’adozione dell’intelligenza artificiale nelle aziende italiane è un po’ un mistero: sicuramente è un fatto, ma sul livello e sulla profondità del fenomeno gli studi sul tema non concordano. Percentuali e numeri dipendono in grossa misura dal campione d’indagine e dal modo in cui viene posta la domanda, però il quadro di fondo emerso un po’ da tutti gli osservatori è che l’adozione dell’AI sta crescendo e crescerà ancora. Un nuovo studio realizzato da The European House - Ambrosetti per Minsait (società del gruppo Indra) ci dice che circa il 60% delle aziende italiane di medie e grandi dimensioni ha già adottato l’AI o intende farlo a breve.
ll campione ha incluso
280 organizzazioni italiane con più di 250 addetti (nello studio di Ambrosetti vengono definite “grandi”, ma nella tassonomia internazionale sarebbero “medie”) , appartenenti a i 15 settori di mercato. Più precisamente, il
38,2% ha per ora avviato “
percorsi concreti di implementazione o sperimentazione” e tra esse il 21% è già in “fase di implementazione estesa su scala aziendale”. Il
25,2% prevede, invcece, di adottare soluzioni di AI nel prossimo futuro.
Gli ostacoli all’adozione
Un non trascurabile 35,4% dichiara di non usarla e di non prevedere un’adozione futura, soprattutto per via di ostacoli all’adozione che riguardano difficoltà organizzative (23,9%), l’immaturità delle tecnologie attuali (21,9%), la mancanza di competenze interne (20%) e ancora la difficoltà a definire precisamente i casi d’uso e vaghezze sulla gestione dei dati.
I costi, invece, non sembrano rappresentare un particolare problema o deterrente per l’adozione dell’AI: su questo punto, tuttavia, l’analisi di Ambrosetti si discosta da altri studi sul tema, focalizzati maggiormente sulle piccole e medie imprese.
L’impatto sulla produttività
A detta dei ricercatori, uno scenario di adozione di questo tipo si potrebbe tradurre sul sistema imprenditoriale italiano in 115 miliardi di euro di valore guadagnato grazie all’incremento di produttività consentito dall’AI. Il calcolo è stato fatto tenendo conto che, tra le aziende utenti di AI, una su tre ha osservato incrementi di produttività compresi tra l’1% e il 5%.
Gli analisti hanno calcolato un aumento medio della produttività aggregata del 3,2% oggi e del 4,3% nell’arco di 18-24 mesi, e parametrando questa stima sul fatturato complessivo del sistema imprenditoriale italiano (pari a circa 3,6 trilioni di euro) si tratterebbe di un aumento di 115 miliardi di euro.
Molta efficienza, poca trasformazione
Ma come utilizzano l’AI le aziende che già si sono addentrate in questo mondo? I casi d’uso riguardano principalmente le attività a supporto dell’IT e dei processi aziendali, e nel dettaglio la gestione e analisi dei dati (35,4%), la gestione del supporto IT tramite chatbot (23,2%), le analisi predittive e l’automazione del back-office (entrambi al 22,2%). Prevalgono, quindi, scopi di efficienza e ottimizzazione operativa, mentre l’AI non viene ancora vista come strumento per la trasformazione strategica del business.
“Il nostro studio”, ha commentato Erminio Polito, amministratore delegato di Minsait in Italia, “mostra un’importante crescita dell'adozione dell'IA da parte delle aziende italiane, che si riscontra in generale in una fase di curiosa sperimentazione, lavorando prevalentemente su innovazioni incrementali, piccole trasformazioni e miglioramenti graduali, mentre la trasformazione radicale di prodotti, modelli di business o processi core è ancora rara. Questo approccio per piccoli passi è necessario e comprensibile ma non può essere la norma se le aziende Italiane vogliono giocare un ruolo da protagonista nell’economia dell’intelligenza artificiale. Nell’utilizzo dell’AI, dobbiamo passare dal ‘fare cose più velocemente’ al ‘fare cose radicalmente nuove’. E questo richiede leadership, capacità di visione, investimenti su dati, competenze e modelli organizzativi”.
Tra le grandi aziende utilizzatrici, il 64,7% ha riscontrato, grazie all’introduzione dell’AI, un miglioramento dell’efficienza operativa. In poche, invece, hanno visto cambiamenti più profondi come l’automazione di attività ripetitive (15,2%) o la creazione di nuovi flussi di lavoro (9,1%). Il tempo guadagnato grazie all’AI viene reinvestito soprattutto in formazione del personale, miglioramento della qualità dei prodotti e attività di ricerca e sviluppo.