In un panorama globale segnato dall’aumento delle minacce informatiche, la sicurezza digitale si conferma come una delle principali priorità per i responsabili It. Secondo il report Cio 2025 Outlook di Experis, brand tecnologico di ManpowerGroup, l’Italia si posiziona tra i Paesi più attivi sul fronte degli investimenti in cybersecurity, mostrando un approccio proattivo anche rispetto all’adozione dell’intelligenza artificiale.
Il sondaggio ha coinvolto oltre 1.390 leader del settore tecnologico a livello globale, tra cui 480 Cio e Cto e 913 decision maker It, con l’obiettivo di esplorare il ruolo in evoluzione dei chief information officer, le sfide strategiche e le aree prioritarie di intervento. Uno dei dati più rilevanti riguarda l’entità delle minacce informatiche: nel 2024, il costo globale del cybercrime ha raggiunto i 9.500 miliardi di dollari, un valore paragonabile al Pil della terza economia mondiale.
In Italia, l’86% dei Cio prevede un aumento degli investimenti in sicurezza informatica, una percentuale superiore alla media globale del 77%. Questa viene indicata come principale preoccupazione dal 41% dei partecipanti italiani, ma emergono anche criticità nella gestione concreta: solo il 37% dichiara di avere definito strategie di gestione del rischio specifiche e meno del 30% ritiene che il personale utilizzi correttamente gli strumenti di protezione implementati.
Accanto alla sicurezza digitale, l’introduzione e l’integrazione dell’intelligenza artificiale rappresentano un altro fronte strategico. Il 67% delle aziende ha in programma di incrementare gli investimenti in AI entro il 2025. Il 36% degli intervistati a livello globale riconosce il potenziale trasformativo dell’AI, pur considerandola ancora in fase di sviluppo, mentre il 33% ne valuta l’impatto sul business come incerto. In Italia, l’approccio è più ottimista: il 47% dei Cio è convinto che l’AI avrà un impatto rivoluzionario e solo l’11% esprime dubbi sulla sostenibilità di questa tecnologia nel lungo periodo, contro una media globale del 20%.
Tuttavia, emergono ostacoli anche in questa direzione. Il 35% dei manager italiani segnala difficoltà nel reperire fondi per l’adozione dell’AI, una quota superiore alla media del 25%. Le sfide non riguardano solo le risorse economiche, ma anche quelle umane: la formazione e la disponibilità di competenze adeguate si confermano nodi critici per l’intero settore IT.
La carenza di competenze e la crescita della risorse interne
Il report evidenzia, infatti, una crescente carenza di talenti a livello internazionale. Il 76% delle aziende nel mondo (percentuale che sale al 78% in Italia) lamenta la difficoltà di reperire figure professionali con competenze aggiornate. Le università faticano ad allinearsi con la velocità dell’innovazione tecnologica e le imprese, dal canto loro, non sempre colmano il divario: solo il 28% dei partecipanti al sondaggio afferma che la propria organizzazione offre con regolarità programmi di aggiornamento per il personale IT.
Eppure, la formazione continua viene percepita come una delle leve più efficaci per acquisire nuove competenze. Il 42% dei lavoratori la indica come secondo metodo più utile dopo l’esperienza sul campo (47%). Tuttavia, le aziende devono ancora strutturare strategie efficaci e stabili in quest’area.
Per fronteggiare la scarsità di profili qualificati, molte organizzazioni stanno adottando approcci alternativi: il 52% cerca di introdurre competenze AI all’interno di ruoli esistenti, il 42% promuove una combinazione tra competenze tecniche e capacità di pensiero strategico, mentre il 37% punta ad aumentare la versatilità dei ruoli. L’obiettivo è adattare il capitale umano alle esigenze imposte dalla trasformazione digitale, evitando la semplice rincorsa alle tecnologie emergenti.