07/11/2023 di Valentina Bernocco

Niente GenAI nelle pubblicità “sensibili” su Facebook e Instagram

Meta vieta (al momento) l’uso della GenAI nelle inserzioni pubblicitarie a sfondo politico o che trattano questioni sociali, mediche e altri temi sensibili.

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Meta mette i paletti all’intelligenza artificiale generativa: sui social network del gruppo non potrà essere utilizzata negli annunci pubblicitari a sfondo politico o sociale. Se la circolazione di fake news e disinformazione è da sempre un problema per Facebook e Instagram, con le nuove tecnologie generatrici di contenuti simil-fotografici, audio e video il rischio sale esponenzialmente. E l’attuale scenario geopolitico, segnato da due guerre (anche mediatiche, politiche e in parte di religione) in Europa e Medio Oriente, è un terreno fertile per utilizzi malevoli dell’AI. Gli esempi si sprecano, e possiamo citare le immagini del falso arresto di Donald Trump circolate a marzo scorso (prima della foto segnaletica, questa volta reale, che ha fatto il giro del Web in agosto) e quelle del volto di Vladimir Putin dietro alle sbarre di una cella.

Per questo l’azienda di Mark Zuckerberg deve fare un passo ulteriore nella lotta alla disinformazione. Fino a ieri gli standard per gli annunci pubblicitari su Facebook e Whatsapp già vietavano la pubblicazione di contenuti già smascherati come disinformazione, ma questa settimana la sezione “help center” è stata aggiornata con una nuova regola: gli inserzionisti di campagne pubblicitarie relative a questioni politiche, elezioni, salute, medicinali, servizi finanziari, occupazione, condizioni sociali e reddito non possono utilizzare funzionalità di GenAI. “Crediamo che questo approccio ci permetterà di comprendere meglio i rischi potenziali e di creare le giuste misure di sicurezza per l’uso della AI generativa in inserzioni pubblicitarie legate a temi potenzialmente sensibili in settori regolamentati”, ha spiegato l’azienda.

La regola specifica comunque che ciò non è permesso “attualmente”, e volendo speculare potremmo pensare che un domani questo divieto possa cadere o allentarsi. In ogni caso settimane fa Nick Clegg, presidente Global Affairs di Meta (e già vice primo ministro britannico), aveva ammesso che la questione è problematica, dichiarando che l’uso dell’AI generativa in campo politico è “chiaramente un’area in cui c’è bisogno di aggiornare le regole”.

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Probabilmente, però, Meta non rinuncerà a cavalcare (anche con gli inserzionisti) l’onda dell’AI generativa, di cui è anzi uno tra i principali promotori. All’inizio di ottobre l’azienda ha introdotto le prime funzionalità di GenAI rivolte agli inserzionisti pubblicitari: creazione di sfondi, manipolazione delle immagini e generazione di testi (varianti realizzate sulla base di un testo di partenza). Attività un tempo affidate solo a grafici, creativi e copywriter, e che ora possono essere svolte da un software.

Più in generale, è molto probabile che nei prossimi anni l’AI generativa si ritaglierà uno spazio crescente nei social media, oltre che nelle ricerche Web, nella creazione di contenuti testuali e visivi, negli analytics aziendali e nello sviluppo software. Su X, la ex Twitter, Elon Musk ha appena annunciato il debutto (al momento in fase beta non pubblica) di un nuovo chatbot alimentato in tempo reale dai dati della piattaforma.

 

(Credits immagine in apertura: © virtosmedia, 123RF Free Images)

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