21/12/2022 di Redazione

Obiettivi Esg e ricavi, solo il 15% delle aziende usa bene i dati

Uno studio di Lenovo svela che anche tra le grandi aziende solo in pochi sfruttano bene il potenziale dei dati per raggiungere risultati finanziari e obiettivi Esg.

immagine.jpg

I dati, come sappiamo, sono essenziali per vincere le grandi sfide della nostra epoca, come la transizione ecologica e la lotta alla povertà, e possono anche aiutare le aziende nel raggiungere traguardi Esg (environmental, social and governance). . Un nuovo studio di Lenovo ("Data for Humanity", condotto da FT Longitude a settembre 2022 su 600 dirigenti e manager) svela che il 70% delle aziende italiane, francesi, tedesche, britanniche e statunitensi già utilizza i propri dati per raggiungere obiettivi finanziari ed Esg.

Dalle interviste risulta che, in media, l’investimento annuo pro capite in tecnologie e iniziative di data collaboration sarà di 3 milioni di dollari, con l’aspettativa di aumentare i ricavi del 50%. I numeri variano tra un settore e l’altro, con una forbice che va dai 4,2 milioni di dollari di investimento annuo pro capite per le imprese del settore energia e utility al minimo di 2 milioni di dollari dei servizi di business.

C’è poi la variabile geografica: la spesa per le tecnologie e iniziative di data collaboration sarà superiore alla media negli Stati Uniti (3,5 milioni di dollari ad azienda, mediamente) e nel Regno Unito (3,4 milioni), mentre l’Italia è in linea con il dato complessivo dei 3 milioni di dollari. Si spenderà meno in Germania (2,8 milioni di dollari) e in Francia (2,5 milioni).

Sono cifre importanti, ma va detto che il campione d’indagine include imprese di dimensioni grandi ed enterprise, con fatturato annuo compreso tra 500 milioni e oltre 5 miliardi di dollari, appartenenti a molti settori, mentre sono escluse le realtà piccole. Inoltre, anche a questo livello, il potenziale dei dati è ancora in larga parte non sfruttato. All’interno del campione c’è solo un 15% di aziende che sa farlo – lo studio le definisce data leader – e che di conseguenza sperimenta vari vantaggi.

Si tratta di imprese che (più della media) usano il cloud e le applicazioni di collaborazione per l’archiviazione, l’accesso ubiquo e la condivisione dei dati. Inoltre, più delle altre, hanno lavorato per mettere in sicurezza i propri dati, per avere una capacità di rete sufficiente e per incrementare l’automazione.

 

(Fonte: "Data for Humanity", Lenovo, dicembre 2022)

 


Queste aziende hanno maggiore probabilità di avere clienti soddisfatti e riuscire a migliorare la proprie performance Esg e le politiche di inclusione, equità e diversity. Corrisponde, invece, al 37% la quota delle aziende che lo studio chiama data follower, e che faticano a essere altrettanto performanti sia dal punto di vista finanziario sia nel raggiungere obiettivi di fidelizzazione, Esg e Dei (diversity, equity and inclusion). Due dati a confronto rendono l’idea: nei dodici mesi precedenti al sondaggio il 78% delle aziende data leader ha registrato incrementi di fatturato, mentre può dire lo stesso solo il 50% dei data follower.

Fuori dalle logiche del mero profitto, le differenze sono altrettanto evidenti. Tra le aziende definite data leader, ben il 96% pensa di poter usare i dati per iniziative Esg, mentre tra le altre solo il 41% ha lo stesso pensiero. Inoltre i data leader hanno maggiore probabilità di impegnarsi nel medio periodo, da qui a tre anni, per contrastare la crisi energetica (lo farà il 60%, contro il 33% dei data follower), i deficit dell’assistenza sanitaria (29% versus 18%), le difficoltà di accesso all’istruzione (61% versus 25%) e il riscaldamento globale (34% versus 29%). Le aziende più mature, inoltre, sono maggiormente portate a usare i propri dati per un mix di iniziative commerciali e sociali, anziché solo a scopo di lucro. 

 

"I data leader stanno aprendo la strada in questa direzione attraverso il loro uso dei dati e i risultati finanziari a dimostrarlo", ha commentato Giovanni Di Filippo, presidente Emea della divisione Infrastructure Solutions di Lenovo. “Sfruttando approcci coordinati che uniscono strategia, cultura, persone e tecnologia, incorporano i dati nelle loro operazioni quotidiane, analizzando i benefici non solo per sé stessi e le loro aziende, ma anche per il pianeta, utilizzando la tecnologia intelligente per creare un futuro digitale etico”.

 

Le aziende stanno già condividendo dati con partner e organizzazioni esterne per aiutare a migliorare l'istruzione (46%) e il commercio (46%), per rafforzare le democrazie e i diritti umani (44%), sostenere iniziative ambientali (43%) e per favorire l'innovazione (43%). Chi, invece, ancora non condivide i propri dati con l’esterno ha citato i costi come ostacolo maggiore (60%) e a seguire preoccupazioni relative alla sicurezza (57%) e alla conformità (57%).

 

 

Giovanni Di Filippo, presidente Emea della divisione Infrastructure Solutions di Lenovo


“I dati possono aiutarci ad affrontare una moltitudine di sfide di business e sociali, aumentando al contempo i profitti”, ha sottolineato Di Filippo. “Si tratta di una condizione vantaggiosa per le aziende che stanno sfruttando attivamente il valore dei dati in loro possesso. È chiaro come i manager delle grandi aziende che hanno un impatto sulla società riconoscano il valore dei dati dal momento che intendono investire in intelligenza artificiale, analytics, e data storage. L’ottimismo che emerge da questa ricerca mostra la fiducia degli imprenditori nelle potenzialità dei dati, in particolare se consideriamo il contesto economico sfidante in cui le aziende si ritrovano oggi".

 

Dallo studio è emerso anche che la crisi energetica è considerata il principale pericolo da affrontare nel medio periodo (da qui a tre anni): il 71% degli intervistati teme impatti moderati o gravi sulla propria azienda. Le altre preoccupazioni di rilievo sono il riscaldamento globale (citato dal 59% del campione), la scarsa assistenza sanitaria (53%) e la disparità di reddito (52%). Nonostante queste paure diffuse, in pochi stanno adottando o hanno previsto da qui a tre anni delle misure per affrontare la crisi energetica (40% del campione) il riscaldamento globale (33%), le carenze sanitarie (22%) e la parità di reddito (18%).

 

scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI