29/10/2025 di redazione

Sanità: la spesa Ict (finalmente) sale, ma la telemedicina arranca

Secondo l’analisi di TIG, Aisis e Cergas, nel Sistema Sanitario Nazionale i budget destinati all’informatica stanno crescendo.

La sanità italiana guarda avanti, inseguendo l’innovazione digitale, pur con i suoi tempi e le sue difficoltà. Il budget destinato agli acquisiti e ai progetti informatici è in crescita, in un percorso che avvicina il Sistema Sanitario Nazionale italiano alla media europea: a dirlo è l’indagine realizzata da Aisis – Associazione Italiana Sistemi Informativi in Sanità, TIG – The Innovation Group e Cergas – SDA Bocconi School of Management. Presentata al recente “Healthcare Innovation Summit” di Milano, l’indagine si basa sull’analisi di fonti terze e su un sondaggio condotto su un campione di aziende sanitarie, rappresentativo di circa il 20% della popolazione mappata, con una copertura geografica di 17 regioni italiane.

Per circa il 32% del campione, il peso del budget ICT sul fatturato aziendale è superiore al 2%, ovvero al di sopra della media nazionale ed europea, mentre all’opposto c’è un 30% per cui pesa meno dell’1%. Per il 38% è compreso, invece, tra l’1% e il 2%. Questi dati confermano quanto emerso dall’analisi e dalla rielaborazione di fonti terze, ovvero che risorse messe a disposizione dal PNRR stanno portando il rapporto tra la spesa Ict e la spesa complessiva del Sistema Sanitario Nazionale in linea con la media europea, che è del 2,5%. In Italia oggi (stima per il 2025) siamo al 2,1%, dato che segna un buon progresso rispetto all’1,17% del 2018. Come sottolineato dagli autori dello studio, per comprendere quale sarà la capacità di investimento in digitale del sistema sanitario pubblico bisognerà monitorare l’evoluzione di questi dati nel più lungo periodo, quando (dopo il 2026) si esauriranno gli effetti del PNRR e le risorse messe a disposizione dal piano. 

Nel dettaglio, come spendono il loro budget Ict le aziende sanitarie italiane? In media, il 38% della spesa totale risulta in conto capitale, con investimenti in innovazione e legati ai fondi PNRR, mentre il 62% è spesa corrente. Su quest’ultima voce pesano soprattutto le scelte di utilizzo di servizi di cloud computing, oltre ai costi di reti dati e fonia, di manutenzione ordinaria e di aggiornamento o upgrade degli applicativi aziendali.

La maturità digitale del sistema sanitario italiano

Rispetto al ricorso al cloud computing, le aziende sanitarie italiane sono a metà strada. Nel campione d’indagine, il 53% delle server farm risulta già in cloud, ospitato nella maggior parte dei casi (62%) in infrastrutture della società in-house della propria Regione e, negli altri casi, in un ambiente di cloud privato (27%) o nei data center del Polo Strategico Nazionale. 

Il percorso di digitalizzazione è a buon punto per alcune applicazioni e alcuni servizi dell’SSN, mentre sulla telemedicina siamo ancora agli inizi. Sul Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0, per la maggior parte dei tipi di documenti analizzati (tra cui referti, verbali e lettere di dimissioni) la quota di quelli inviati in tale formato supera il 60%. Ancor più avanzata è l’adozione della Cartella Clinica Elettronica ospedaliera: il 78% dei reparti ospedalieri ci è già arrivato, percentuale che dovrebbe salire al 94% entro giugno 2026. Peraltro in questi reparti sono stati avviati tutti i moduli funzionali della CCE, ovvero assessment clinico e infermieristico, ciclo del farmaco, order entry, pianificazione delle attività fino e dimissioni. La CCE territoriale segue, a non eccessiva distanza: il 65% del campione ha avviato soluzioni a supporto del processo di presa in carico previsto dal DM77.

Di contro, solo il 37% delle strutture sanitarie ha già maturato esperienze concrete di telemedicina, mentre il 57% è ancora in fase di sperimentazione. Intanto si investe in modo particolare sulla sicurezza informatica, che da sola assorbe mediamente il 10% dei budget Ict.

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Il valore dell’innovazione

I ricercatori hanno anche analizzato i modelli di governance dell’innovazione digitale presenti nelle aziende sanitarie del campione: ne è emerso come essa non sia ancora pienamente percepita come risorsa strategica di cambiamento. I progetti complessi (come la Cartella Clinica Elettronica ospedaliera, quella territoriale e la telemedicina) vengono spesso realizzati senza prima definire e senza condividere a livello aziendale dei documenti strategici di progetto, che definiscano obiettivi organizzativi, gestionali e tecnologici, ma anche i tempi e i costi dei progetti. Senza tale pianificazione, diventa difficile poter verificare lo stato di attuazione dei progetti stessi, sia sotto il profilo organizzativo-gestionale sia sotto il profilo tecnologico. 

C’è un altro dato a suggerire come manchi, spesso, un approccio strategico all’innovazione digitale: solo nel 33% delle aziende sanitarie la direzione Ict è in staff alla direzione generale. I direttori dei sistemi informativi del campione nella stragrande maggioranza dei casi hanno alle spalle una formazione tecnica: il 70% ha una laurea in ingegneria (informatica, elettronica o delle telecomunicazioni) o in informatica. D’altro canto il 33% dei Cio ha conseguito un master post-universitario in Management, un fatto che asseconda l’evoluzione del ruolo del chief information officer: non più solo un informatico esperto, ma anche un professionista dotato di capacità di gestione, pianificazione e governance dell’innovazione digitale.

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