I dati, la loro quantità, qualità e integrità, sono essenziali per qualsiasi applicazione di intelligenza artificiale. Questo vale anche per il settore dei servizi finanziari, uno degli ambiti in cui l’adozione dell’AI è più matura, e che tuttavia ancora non ha realizzato il pieno potenziale di questa tecnologia, tra machine learning tradizionale e AI generativa. A dirlo è uno studio commissionato da Riverbed e condotto da Coleman Parkes su 1.200 manager e responsabili IT di grandi aziende ed enti pubblici di sette Paesi e appartenenti a diversi settori, tra cui 200 professionisti che lavorano in società di servizi finanziari.
In questo sottogruppo, il 94% degli intervistati (il sondaggio è stato realizzato lo scorso giugno, i risultati pubblicati ora) si è detto convinto che l’intelligenza artificiale migliorerà l’esperienza digitale degli utenti. E quasi tutti, il 99%, la considerano una priorità strategica di primo livello o comunque “mediamente importante” per la propria azienda, mentre il 96% crede che l’AI rappresenti un vantaggio competitivo. La percentuale di manager convinti che l’AI incontrerà i favori dei propri team di collaboratori è pari al 62%, leggermente superiore al 59% emerso come media di tutti i settori considerati nello studio.
Oggi come oggi, nel settore finanziario l’AI viene utilizzata soprattutto per migliorare l’efficienza operativa (51%) e favorire la crescita aziendale (49%), mentre da qui a tre anni sarà usata anche per lo sviluppo della domanda (54%). L’AI generativa ha già dei casi d’uso solo nel 36% delle società di servizi finanziari, ma con una previsione di crescita al 71% di penetrazione entro 12 o 18 mesi dal sondaggio.
Le aspettative sono elevate a variegate: molti pensano che da qui a tre anni l’AI aiuterà a semplificare il lavoro quotidiano con l’automazione dei workflow (71%), con la risoluzione automatica dei problemi (62%) e con strumenti come i chatbot nel servizio e supporto clienti (62%).
Guardando al bicchiere mezzo vuoto, va detto invece che soltanto il 46% ritiene la propria azienda già pronta a mettere in pratica una strategia sull’AI. Ma anche in questo caso la percentuale è superiore, e non di poco, alla media generale del 37%. Alcuni potenziali ostacoli, o fattori di rallentamento, all’adozione riguardano la privacy e l’accuratezza dei dati.
"Poiché il settore finanziario gestisce tradizionalmente più informazioni sensibili rispetto ad altri settori, non sorprende che l'80% dei leader sia preoccupato che i dati proprietari possano essere accessibili al pubblico a causa dell'uso dell'AI", ha commentato Jim Gargan, chief marketing officer di Riverbed. "Inoltre, i leader hanno riserve sull'efficacia dei dati a loro disposizione, con solo circa un terzo che valuta i propri dati eccellenti per completezza, 36%, e accuratezza, 34%, la percentuale più bassa rispetto a tutti i settori".
"L’efficacia dell’AI dipende dalla qualità dei dati”, ha proseguito Gargan, “e il Data Gap è uno dei maggiori ostacoli al successo nella sua implementazione. In Riverbed, supportiamo le aziende a colmare questo gap con un approccio concreto, basato su una piattaforma AI-powered in grado di fornire dati completi e osservabilità in tutto l’ambiente IT. L'AI di Riverbed è progettata per essere sicura, affidabile e precisa, e fornisce un valore tangibile grazie a insight data-driven, che consentono alle organizzazioni di ottimizzare la Digital Experience e ottenere risultati di business migliori".
Il “data gap” di cui parla lo studio di Riverbed potrebbe essere affrontato migliorando la disponibilità, la completezza e la qualità dei dati: non solo quelli reali ma anche quelli sintetici. Il 92% degli intervistati del settore crede che essi siano fondamentali per migliorare l’efficacia dell’AI e perfezionare la digital experience. Inoltre il 91% pensa che per adottare una strategia AIOps (intelligenza artificiale nelle operazioni di rete) sia necessario avere una piena osservabilità su tutti gli elementi IT. Oltre l'84% ritiene che l’observabiity sia estremamente o mediamente importante per superare i punti ciechi della rete, inclusi il public cloud, gli ambienti di lavoro remoti, le architetture Zero Trust e i servizi mobili aziendali.