Marketing e servizio clienti sono due ambiti di utilizzo consolidato dell’intelligenza artificiale, da prima ancora che si iniziasse a parlare di AI generativa. E ora quest’ultima declinazione del machine learning promette di trasformare ulteriormente le interazioni tra le aziende (o i marchi) e il loro pubblico. Se le potenzialità sono enormi in termini di risparmi (dovuti ad automazione ed economie di scala), efficienze e nuovi livelli di personalizzazione, d’altro canto non mancano nei consumatori alcuni scetticismi o cautele, oltre alla voglia di non perdere le interazioni umane. Dall’ultima ricerca commissionata da Servicenow a livello Emea emerge un po’ questo: la coesistenza, nei consumatori, di una certa apertura alla novità, da un lato, e di un bisogno di trasparenza e certezze dall’altro.
Sui 15mila intervistati dalla società di ricerca Opinum a gennaio di quest’anno, il 70% vorrebbe ricevere da qualsiasi azienda un servizio clienti continuativo “24/7”, come pratica standard che dovrà affermarsi da qui al 2030. Oggi il cattivo customer service, insieme alla generale congiuntura economica che spinge gli utenti a cercare di volta in volta la migliore offerta, favorisce una certa “infedeltà” dei consumatori ai marchi: il 78% degli intervistati a livello Emea ammette di essere meno fedele rispetto a quanto non fosse due anni fa. Sul campione italiano, di un migliaio di persone, la quota di chi si sente meno fedele ai brand rispetto al passato sale all’81%.
Come si diceva, la ragione è soprattutto economica, ovvero vale la legge del prezzo (per il 43%), ma giocano un ruolo anche l’aumento della concorrenza (26%), il fatto di aver vissuto un’esperienza deludente con l’azienda o il suo servizio clienti (13%) e l’influenza dei social media (10%). Gli intervistati italiani suggeriscono, quindi, che le aziende abbassino i prezzi (per il 52%), migliorino il servizio post-vendita (33%) e curino maggiormente le relazioni di persona (27%), oltre ad aggiornare i siti Web e le app per renderli di più facile utilizzo (25%) o per ampliare l’offerta (25%).
E l’intelligenza artificiale? Sta un po’ qui il paradosso, almeno apparente: per migliorare il servizio clienti, in qualità, rapidità e continuità “24/7”, l’automazione basata su AI è importante e spesso rappresenta l’unica soluzione fattibile dal punto di vista di costi ed economie di scala. Questo è ancora più vero in un’epoca di personalizzazione spinta nel marketing e nel servizio clienti, un’epoca in cui cascano a fagiolo le capacità della GenAI di creare contenuti “personalizzati” (o almeno finemente targettizzati) in modo rapido, economico e automatizzato.
Se invece si ha bisogno di risolvere un problema specifico, il 44% degli italiani preferisce relazionarsi al telefono con un altro essere umano. C’è comunque anche un 62% che considera i chatbot come un servizio importante che l’azienda deve offrire, e il 21% ha addirittura espresso una preferenza per questo strumento. Verso l’AI permangono alcuni scetticismi, ma le paure sono soprattutto legate al suo impatto sull’occupazione (il 37% teme che possa far perdere posti di lavoro) e meno alla mancanza di personalizzazione (28%) o all’eccessiva standardizzazione delle risposte date ai clienti (23%). Solo il 21% ha detto di non fidarsi della correttezza della risposte fornite dall’AI e un’analoga percentuale non sa ancora bene come interfacciarsi con questa tecnologia. Il 29% degli italiani si mostra già consapevole del fatto che nei prossimi anni l’intelligenza artificiale potrà essere impiegata estensivamente per proporre raccomandazioni di acquisto personalizzate.
"Quando parlo con i responsabili aziendali, sono tutti concordi nell’affermare che i clienti sono fondamentali per il successo”, ha commentato Filippo Giannelli, area vice president Israel & Italy e country manager di ServiceNow. “Il nostro studio mostra che la fedeltà al brand è sempre più difficile da conquistare. Ciononostante, bisogna essere ottimisti riguardo al ruolo che tecnologie come la Gen AI possono avere. I consumatori riconoscono che la tecnologia sta già avendo un impatto positivo sulla loro esperienza, le organizzazioni hanno quindi gli strumenti adatti per continuare a conquistarli”.