Alla parola digitale si sono associati vari nomi nel tempo. Uno di questi si adatta una realtà come Wegg ed è “umanesimo”. La società si è presentata sul mercato con questo nome solo da pochi mesi, ma in realtà ha una lunga storia alle spalle con il brand Netcom.
Nata a Padova come system integrator alla fine degli anni Novanta, l’azienda si è consolidata nella consulenza nell’It service management (Itsm), mettendo le proprie competenze soprattutto legate alla metodologia Itil al servizio di aziende perlopiù medio-grandi, con clienti come Menarini, Prysmian, Rai, Leonardo, Autostrade per l’Italia, Terna e altri.
Il cambio di nome deciso in questo 2022 sancisce un cambiamento di visione e approccio al mercato: “Il precedente brand si associava a concetti radicati nel passato, essendo una crasi fra networking e communication”, spiega Francesco Clabot, Cto di Wegg e e docente di It Service Management presso l’Università di Padova. “Ora invece ci proponiamo come impact factory, ovvero una realtà in grado di traghettare le aziende verso l’organizzazione digitale”.
Per capire bene cosa c’è dietro, occorre rifarsi proprio a ciò che la metodologia Itil indica nei processi evolutivi. Si parte dalla semplice trasformazione It, cioè quello che resta all’interno del dipartimento informatico e che di per sé non ha riverberi sul funzionamento del business. Questa fase è stata più o meno affrontata da tutti e ha portato all’introduzione di maggior automazione ed efficienza interna. Ora siamo più o meno nella fase della trasformazione digitale, che riguarda più l’interazione fra l’It e gli utenti, siano essi quelli aziendali o il mondo esterno.
Francesco Clabot, Cto di Wegg
Wegg, invece, intende riportare la persona al centro dell’innovazione e per questo si concentra sull’organizzazione digitale, “dove l’It non è più a uso e consumo degli informatici, bensì delle persone. D’altra parte, la pandemia ha cambiato il modo di approcciare il lavoro e la vita aziendale in generale. Molte professioni sono destinate a sparire, soprattutto quelle di tipo esecutivo, e questo lascerà spazio e creatività ed empatia. Per questo le aziende lungimiranti devono ridisegnare la tecnologia intorno alle persone”, afferma con convinzione Clabot.
Non è un caso che Wegg abbia messo a punto una vero e proprio Manifesto della Persona Digitale, una carta che elenca dieci principi utili a guidare le organizzazioni nella scelta di tecnologie sostenibili per i propri dipendenti. Da qui parte l’approccio di una realtà che vuol farsi carico del cambiamento di cultura all’interno delle aziende per indirizzare anche le scelte tecnologiche.
Di fatto, Wegg si confronta con il mercato dei consulenti direzionali, a cominciare dalle Big 4 del settore, che hanno certamente una potenza di fuoco ben superiore a una realtà da 50 dipendenti (anche se l’obiettivo è arrivare a 80 nel 2023): “Proprio perché siamo più snelli e agili”, puntualizza Clabot, “siamo in grado di partire anche con piccoli progetti tipicamente quick win, per poi allargarci. Possiamo contare su una base solida di circa un centinaio di clienti italiani”.
Naturalmente, definiti i processi che sottendono il cambiamento, tutto va comunque ad atterrare su tecnologie da adottare e per questo Wegg ha mantenuto rapporti di partnership con vendor storicamente presenti nel proprio portafoglio, come Ivanti, EasyVista o Snow Software. Il mix di cultura e prodotti serve a definire tre ambiti di intervento principali, ovvero il work from anywhere, la conoscenza e protezione del patrimonio It delle aziende e la cosiddetta Digital Service Experience, con l’Itsm al centro e la costruzione di servizi digitali integrati con elementi come l’intelligenza artificiale, l’Rpa o i cruscotti per decision making.