15/07/2020 di Redazione

Amazon, Google, Microsoft fregati dal riconoscimento facciale

Due querelanti dell’Illinois sostengono che i giganti della tecnologia, per addestrare le loro tecnologie di facial recognition, hanno usato le immagini di alcune persone senza averne il permesso.

immagine.jpg

Amazon, Alphabet proprietario di Google e Microsoft, un trio di giganti tecnologici per un trio di cause federali. L’oggetto del contendere è una violazione della privacy bella e buona: hanno usato, per addestrare le loro tecnologie di riconoscimento facciale, le foto di alcune persone senza ottenere il permesso dai soggetti interessati. Le immagini in questione facevano parte del database Diversity in Faces di Ibm, progettato per migliorare l'equità e l'accuratezza del facial recognition, andando oltre la tonalità della pelle, l'età e il sesso. I dati includono un milione di foto di volti umani, contrassegnate con tag come simmetria del viso, lunghezza del naso e altezza della fronte.

I due querelanti dell'Illinois, Steven Vance e Tim Janecyk, affermano che le loro immagini sono state incluse in quel database senza la loro autorizzazione, nonostante si identifichino chiaramente come residenti dell'Illinois. La raccolta, la conservazione e l'uso di informazioni biometriche sono illegali nello stato senza il consenso scritto degli interessati, come stabilito dell’Illinois Biometric Information Privacy Act, approvato dalla legislatura dell'Illinois nel 2008.

Le tre aziende "hanno scelto di utilizzare e trarre profitto da identificatori biometrici e informazioni acquisite da fotografie caricate dall'Illinois; gestite tramite account utente, computer e dispositivi mobili dell'Illinois e/o create nell'Illinois", si legge nel testo delle cause. "In tal modo hanno esposto i residenti e i cittadini dell'Illinois a continui rischi sulla privacy, sapendo che la [loro] condotta avrebbe danneggiato quei residenti e cittadini all'interno dell'Illinois”.

Nelle cause, intentate nei tribunali statali della California e di Washington, dove hanno sede le società, si chiedono lo status di class-action, nonché i danni con un conseguente rimborso monetario e la limitazione delle attività relative al database.

ARTICOLI CORRELATI