06/07/2017 di Redazione

Android è scorretto? L'antitrust europeo chiede un secondo parere

La Commissione Europea, riferisce Reuters, ha nominato un panel di esperti per avere una seconda valutazione nell'indagine sulle presunte violazioni antritust di Google. La multa potrebbe superare quella da 2,4 miliardi di euro, già inflitta per il serviz

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Archiviata una prima battaglia, o meglio il primo tempo di una battaglia che proseguirà in appello, l'Unione Europea e Google si preparano a combattere di nuovo e questa volta a causa di Android. Secondo fonti confidenziali di Reuters, è nell'aria 'lipotesi di una seconda multa record, anche superiore a quella da 2,4 miliardi di euro recentemente decisa per sanzionare l'irregolare visibilità data a Google Shopping sul motore di ricerca, a discapito dei servizi di comparazione prezzi della concorrenza.

A detta delle fonti, la Commissione Europea starebbe valutando di sanzionare Big G in modo ancora più salato in relazione alla seconda delle indagini in corso, quella per le presunte violazioni antitstrust e politiche commerciali irregolari di Android (una terza indagine in corso riguarda, invece, l'abuso di posizione dominante nel campo della pubblicità online).

La commissione antitrust, spiega Reuters, ha anche nominato un panel di esperti che ora dovranno produrre un secondo parere. L'opera di verifica tecnica, forse già iniziata o forse no, in casi analoghi tipicamente richiede dalle tre alle quattro settimane. La sentenz, invece, potrebbe giungere entro la fine dell'anno: si saprà, allora, se a detta dell'Ue la società di Mountain View abbia davvero commesso delle irregolarità, imponendo agli Oem di telefonia la preinstallazione di taluni servizi Google.

Così facendo, la casa madre di Android danneggerebbe sia i concorrenti che propongono applicazioni alternative a Maps, Gmail, YouTube, Chrome, Search, sia la libertà di scelta degli Oem, sia gli utenti. I dati di questi ultimi vengono acquisiti da Google, per così dire, furtivamente, attraverso le applicazioni preinstallate: è di tale opinione l'avvocato Thomas Vinje di FairSearch, l'organizzazione di tutela delle imprese che nel 2013 per prima aveva denunciato le pratiche anticoncorrenziali di Google.

 

 

Di certo i rapporti fra il Vecchio Continente e le grandi società tecnologiche statunitensi hanno visto tempi migliori. Ricordiamo il caso di Apple: nell'agosto del 2016 fa l'Ue ha imposto all'azienda di risarcire il fisco irlandese di undici anni di mancati versamenti, con una sanzione da 13 miliardi di euro. La Corte di Giustizia, sollecitata dai ricorsi in appello dell'agenzia delle entrate irlandese (che preferisce l'amicizia di Cupertino ai contanti) e della Mela, dovrà ora confermare o ribaltare la sentenza di primo grado, e può darsi che addirittura il governo statunitese si mobiliti a difesa della società di Cupertino.

 

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